Flavio Santi e le sue truciolature nella rosa dei finalisti al Premio Viareggio

Il Premio Viareggio per la poesia, uno dei più prestigiosi riconoscimenti letterari nazionali, potrebbe andare quest'anno a un autore friulano. È Flavio Santi, in gara con il volume "Quanti (Truciolature, scie, onde, 1999-2019)", pubblicato dalla casa editrice Industria & Letteratura (pp. 100, euro 15). Classe 1973, Flavio Santi (il cui cognome è Sant, italianizzato sotto il fascismo) è originario di Colloredo di Monte Albano, in mezzo alle colline di Ippolito Nievo.
Da molti anni vive in campagna, tra il Pavese e la frazione friulana di Codugnella. Appena può, infatti, torna nella casa dei nonni, a cui lo legano profonde radici. Non solo familiari, ma anche culturali, linguistiche e letterarie. Non a caso in Friuli ha ambientato nel 1999 il suo primo romanzo, "Diario di bordo della rosa", amato da scrittori come Vincenzo Consolo, Enzo Siciliano e Gesualdo Bufalino, e in lingua friulana ha raccontato inquietudini e slanci lirici nelle raccolte di versi "Rimis te sachete (2001) e "Asêt" (2003).
Nel libro ora in gara per il Viareggio, Flavio Santi ha raccolto una scelta significativa di vent'anni di produzione poetica, in italiano e in friulano. C'è una poesia in friulano dedicata a un altro poeta dialettale, il milanese Franco Loi, scomparso a gennaio di quest'anno. Uno dei poeti che ispira la raccolta è Umberto Saba, sia nel piccolo canzoniere d'amore iniziale sia, per esempio, in una lunga poesia calcistica dedicata all'Udinese, "The Football Chronicles". Friulani sono anche altri poeti di riferimento per Santi: Amedeo Giacomini, David Maria Turoldo e, naturalmente, Pier Paolo Pasolini. Ma anche un altro triestino, Carolus Cergoly, di cui l'autore si è a lungo occupato nella sua veste di studioso (Santi insegna Letteratura italiana all'Università dell'Insubria di Como-Varese) e del quale sembra voler riprodurre la capacità di essere musicale, cantabile, anche quando si parla di stiuazioni estreme. L'ultima poesia della raccolta può essere letta come un omaggio al finale della "Coscienza di Zeno" di Italo Svevo e al suo "explicit" visionario e apocalittico: "Così minacciosi incombono gli anni dei secoli dei millenni perché tutto finirà".
«Da sempre il Friuli è stato uno dei perni del mio lavoro - spiega Santi - dal punto di vista linguistico, con l'uso di una parlata dialetto che fa capo sostanzialmente alla zona centrale della regione, vicino a Udine. E dal punto di vista del racconto perché il paesaggio friulano, la sua cultura millenaria, la sua gente sono per me una fonte costante di riflessione e ispirazione. Seguendo il consiglio di Tolstoj: descrivi il tuo villaggio e sarai universale».
Al Viareggio per la poesia - che, fondato nel 1929 dallo scrittore antifasciSta Leonida Rèpaci, quest'anno celebra l'edizione numero 92 - Flavio Santi è in gara con Andrea Bajani ("Dimora naturale", pubblicato da Einaudi) e Vittorino Curci ("Poesie, 2020-1997", edito da La vita Felice). Sapremo il 28 agosto se sarà lui il vincitore, dopo il primo posto, in anni recenti, di altri due friulani, Gian Mario Villalta nel 2011 e il compianto Pierluigi Cappello nel 2010. Ma, risalendo indietro nel tempo, potremmo ricordare anche Saba, al quale il premio fu assegnato nel 1946, quasi a risarcimento delle persecuzioni subìte dal fascismo. —
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