Fonda, scenografo dell’ultimo Martone

Il triestino è reduce dall’imponente set del film “Capri-Batterie”, che chiude la trilogia sui ribelli

È reduce dal set del nuovo film di Mario Martone, titolo enigmatico “Capri-Batterie”, finito di girare appena qualche settimana fa. Set dalle grandi atmosfere: riprese nel Cilento, in luoghi selvaggi dal fascino quasi primordiale, scene di massa da 300 comparse in costume impegnate tra antichi velieri e cittadelle medievali abbandonate. Francesco Fonda è lo scenografo arredatore triestino del film che chiude la trilogia sui ribelli del regista napoletano, dopo gli impeti risorgimentali dei protagonisti di “Noi credevamo” e il Leopardi di “Il giovane favoloso”. Un lavoro di certosina e raffinata perizia quello di Fonda, considerato anche il peso autoriale di Martone, e che abbiamo da poco ritrovato anche sul piccolo schermo in quel “Romanzo famigliare” di Francesca Archibugi: il triestino è tornato così a collaborare nella squadra di Laura Casalini dopo un'altra significativa esperienza, quella per “The Young Pope” di Paolo Sorrentino.

«Ho fatto set per tanti anni – racconta - ma continuo a preferire la preparazione: è quel momento che anticipa le riprese e dove avviene l'allestimento degli ambienti. Tra le due situazioni i tempi di lavorazione sono ovviamente diversi e la seconda, che comunque richiede coordinamento con gli altri comparti, ti permette maggiormente d'immergerti e vivere le scene con il tuo ritmo, come accaduto ad esempio per Sorrentino. In entrambi i casi, comunque, il dialogo con il regista risulta fondamentale, per capire cosa desideri esattamente da una scena. S'instaura un rapporto di fiducia e in alcuni casi, mi è successo ad esempio con Michele Placido per “Romanzo Criminale”, se si riesce a entrare in comunicazione profonda è possibile addirittura interpretare i desideri dell'autore anzitempo, anticipandolo».

«Cosa ricordo di “Romanzo Criminale”? È stata una lavorazione lunghissima, come fare il militare – continua ridendo -. Ma non tanto per Placido, quanto per il direttore della fotografia Luca Bigazzi, che ci mette sempre un'attenzione particolare. Nel cinema, al di là della grammatica che resta sempre la stessa, ci sono diverse scuole di pensiero e diversi modi di fare il proprio lavoro. Bigazzi in questo caso è rigorosissimo, ha un'attitudine quasi “calvinista”».

Fonda ha avuto la fortuna di muovere i primi passi nientemeno che con il premio Oscar - per “L'ultimo imperatore” di Bertolucci - Bruno Cesari, anche se il battesimo di set vero e proprio è stato con “La forza del passato”, girato interamente a Trieste, dov'è stato assistente di Paola Comencini, «grande signora del cinema».

Ma in cosa consiste esattamente questo lavoro? «Mi occupo di location, innanzitutto: devo anticipare il location manager andando a cercare materialmente i luoghi dove si girerà, compiendo i sopralluoghi. Poi di scenografia e di quello che si definisce “fabbisogno scena”, ciò che viene citato nella scena da girare: l'arredamento, il mobilio, le suppellettili, ognuno con i propri dettagli. Per “Capri-Batterie” siamo stati costretti a trasportare l'equipaggiamento tecnico e scenografico come muli in posti incredibilmente impervi. Dal salire una montagna scoscesa al raggiungere una grotta con una piccola barca, è stata un'avventura: fatica ripagata, perché si tratta di film importante, che racconta un'utopia, un percorso dal buio alla luce».

Un gran senso estetico, comunque, non basta. «Gran parte del mio lavoro - spiega - è dedicata allo studio: la storia dell'arte innanzitutto, ma poi visiono anche vecchi giornali, immagini d'epoca. Dopo che hai il copione in mano e devi fare lo spoglio, ovvero sezionare ogni scena facendo la divisione degli ambienti, documentazione e ricerca sono fondamentali: più approfondisci, più sei in grado di affrontare lavori importanti con una visione ampia e maggiori idee da giocarti. È estremamente stimolante anche il lavoro di gruppo: ti senti supportato, fai parte di una squadra dove tutti contano: attrezzisti, costruttori, tappezzieri, pittori, manovali. Trovo fondamentale il rapporto umano di condivisione che si viene a creare sul set».

«Quando si raggiunge la perfetta alchimia tra le forze – conclude - il risultato è così intenso da non crederci: vedendo finalmente sullo schermo “Romanzo Criminale”, ad esempio, sono stato trascinato così profondamente dentro la narrazione, piuttosto che basarmi sui miei ricordi, che ho visto il film come se non vi avessi mai lavorato».

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