Foto e video su rosa, viola e blu ma l’effetto cromatico inganna



Protagonista il colore: nella sua pregnante forza cromatica, nella bellezza artificiale di un’alterazione o anche nel morbido movimento delle sfumature. “Pink, Purple and Blue” è la nuova collettiva di fotografia e video installazioni inaugurata alla galleria MLZ Art Dep di Trieste a cura di Francesca Lazzarini. Le artiste Silvia Bigi, Ulrike Koenigshofer e Marina Rosso, con stili molto differenti, presentano un insieme di lavori sull’impressione dell’effetto cromatico.

Il titolo della mostra, molto accattivante, stimola una riflessione su tematiche significative: il medium fotografico, mediante vari canoni estetici, è il mezzo attraverso cui si analizzano la memoria, la percezione, l’etica. Marina Rosso espone un erbario classicamente rappresentato e un suggestivo mazzo di fiori in vaso, “Florilegio”, opera di quest’anno, che pone l’attenzione sulla modificazione genetica. I garofani, le rose e i crisantemi hanno magnifiche tonalità di colori che spaziano dal blu al viola ma non sono riscontrabili in natura, aziende specializzate in biotecnologie - spinte dalla considerevole richiesta di rarità floreali sul mercato - sono riuscite a inserire nel dna delle piante il gene del colore blu. Una bellezza indubbia ma fasulla? Nel tempo odierno la maggior parte di quello che osserviamo, amiamo o mangiamo non è naturale, l’artista vuole portare il fruitore a una riflessione sulla condotta della società attuale. Si celebra la bellezza dell’innaturale.

Ulrike Koenigshofer concentra la sua ricerca sulla percezione della luce e i suoi colori: scatta due fotografie con latitudine e orario identico in due posti differenti, Trieste e Vienna, e gioca sul parallelo per dibattere con il fruitore della sua percezione. Dimostra che la colorazione del blu del cielo è data dall’atmosfera che riceve le stimolazioni colorate e luminose delle città. Crea un doppio parallelo e palesa che quello che il nostro occhio coglie dal cielo è in realtà influenzato dall’atmosfera, quindi l’osservazione e l’interazione dell’uomo sono determinanti. Colori non lontanissimi nella scala cromatica ma sostanzialmente diversi nelle gradazioni: la consacrazione dell’effimero persiste, in quanto la bellezza di quel determinato cielo non esiste davvero, ma è data dall’impressione di chi osserva.

Silvia Bigi lavora sulla prima fotografia che la ritrae (lei appena nata con madre e fratello) e la analizza. Ripropone lo stesso scatto in più posizioni per focalizzare l’attenzione su alcuni colori come nella ricerca di una memoria ancestrale non legata quindi alle figure o alle posizioni ma alle cromie. Seleziona quindi alcuni colori e li incornicia come preziosi ritratti familiari inseriti in un contesto antico. Ogni colore è legato a un dettaglio della fotografia e i pigmenti divengono i veri protagonisti della memoria. La mostra chiuderà il 14 dicembre. —

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