Fragiacomo, l’artista per caso che fece della pittura poesia

di MARIANNA ACCERBONI
Più di 400 pagine con tantissime tavole a colori per raccontare uno dei notevoli interpreti del paesaggio veneto tra l'ultimo quarto dell'800 e il primo del '900: Pietro Fragiacomo, triestino di nascita ma vissuto a Treviso e a Venezia, dove aveva frequentato l'Accademia di Belle Arti e dov'era morto nel 1922 a sessantasei anni. Un poeta del vedutismo veneto di fine Ottocento, ma non solo, al quale aveva saputo imprimere una svolta grazie anche al frequente medium dello scatto fotografico, che attualizzava le intuizioni ottiche e la prassi del Guardi e del Canaletto. Innovazione iniziata nel 1882/'83 con il capolavoro "Venezia povera", di poco successivo al suo debutto ufficiale nel mondo dell'arte, datato 1880. Un uomo dallo sguardo acuto e dalla fisionomia prettamente mitteleuropea, Fragiacomo, di poche parole e riservato, che del paesaggio sapeva cogliere essenzialmente la luce e il silenzio, traducendo in un sensibilissimo e personale rapporto luce-colore l'intima comprensione del dato reale.
A questo artista dalle frequentazioni, dai riconoscimenti critici e dalle quotazioni internazionali, che aveva viaggiato in Francia, Germania, Costantinopoli e Giappone, la Fondazione CRTrieste dedica la diciottesima monografia della sua Collana d'Arte, diretta dal professor Giuseppe Pavanello. Una ricerca affidata ad Andrea Baboni, maggior specialista della catalogazione delle sue opere di Fragiacomo, cui si deve la ricostruzione della biografia dell'artista e l'accurato e interessante saggio pubblicati nell'elegante volue dalla copertina bianca, ormai un must elitario per l'arte della nostra città.
Nello specifico, un lavoro che - precisa Baboni - ha contribuito a organizzare e approfondire la dispersa documentazione sul pittore: dalle tesi di laurea di Liviana Rossi e Anna Pellizzari alle mostre e pubblicazioni di Paolo Campopiano e soprattutto al ritrovamento, studio e riordino di materiale di eredi, comprendente appunti, disegni e lastre fotografiche con cui Fragiacomo documentava luci, scorci di paesaggi e figure per la sua pittura.
Malinconia e intimismo caratterizzano il linguaggio di questo "artista per caso" che, di umili origini e molto portato per la meccanica, aveva studiato per divenire fabbro, attività che svolse a Treviso da giovanissimo dopo il diploma, ma che abbandonò ben presto a causa di un diverbio con il capo officina; intrecciando quindi in modo inusitato le competenze tecniche con l'approfondito studio del disegno e con l'abilitazione all'insegnamento di tale disciplina, svolti all'inizio solo al fine di migliorare la propria posizione professionale. Poi però prevalse la passione per il disegno, produzione particolarmente interessante ma poco nota, di cui il volume riporta numerosi e significativi esempi, tra i quali un notevole corpus acquistato nel '34 dalla famiglia Grimani e appartenente al Museo Revoltella.
Così Fragiacomo s'iscrisse per un anno, nel 1878, all'Accademia, seguendo la scuola di prospettiva e quella di paesaggio, in cui il docente alternava le lezioni in aula allo studio dal vero, portando a dipingere il gruppetto dei suoi studenti tra le calli di Venezia. En plein air, secondo la lezione degli impressionisti che, nati e palesatisi all'orizzonte europeo tra il 1860 e il 1870, operavano soprattutto all'aperto, catturando dal reale in particolare la valenza e l'emozione delle luce.
Ma la passione per la pittura si consolida in Fragiacomo grazie all'incontro con il pittore Giacomo Favretto, abile cantore del quotidiano delle classi umili di Venezia, nei confronti del quale sboccia una profonda amicizia, che s'interromperà solo nel 1887 con la morte prematura di quest'ultimo. Perdita che gettò nello sconforto Fragiacomo, il quale tuttavia in precedenza si era legato di profonda amicizia anche con Ettore Tito, grande protagonista della stagione pittorica veneziana di quegli anni assieme a Guglielmo Ciardi, Luigi Nono, Filippo Carcano e altri.
Il volume fa il punto - anche attraverso la catalogazione cronologica di buona parte delle opere dell'artista, l'antologia critica, il regesto delle esposizioni e la bibliografia dal 1880 al 2016 - sull'evoluzione di questo affascinante e mite artista, che da un osservatorio privilegiato quale Venezia e attraverso i suoi viaggi e i suoi contatti, aveva captato le istanze e le tendenze artistico-culturali della sua epoca, passando dall'influenza di Guglielmo Ciardi all'interesse per il simbolismo e il divisionismo, per la secessione monacense (di cui fu socio), per il vedutismo nordico e l'Art Nouveau. Capace di liberarsi dalla tradizione e dal provincialismo per aprirsi al nuovo, divenendo in tal modo protagonista significativo non solo della pittura veneta, che seppe interpretare, in linea con le avanguardie coeve, anche attraverso l'espressionismo.
Da ciò i prestigiosi premi e riconoscimenti a livello europeo e i molteplici acquisti dei suoi lavori da parte dei reali italiani. Anche se, uomo semplice, continuò fino all'ultimo, grazie alla passione per la meccanica, a riparare nei giardini della Giudecca, dove viveva, i giocattoli dei bambini dei suoi amici.
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