Frammenti di vite dello spagnolo Vaquero che sentiamo nostre

di GIADA CALIENDO Un misto di materia e illusione, un cocktail visionario di potenza e grazia attrae il fruitore alla mostra di Julio Vaquero inaugurata lo scorso novembre alla Galleria Torbandena di...
Di Giada Caliendo

di GIADA CALIENDO

Un misto di materia e illusione, un cocktail visionario di potenza e grazia attrae il fruitore alla mostra di Julio Vaquero inaugurata lo scorso novembre alla Galleria Torbandena di Trieste. La mostra, dal titolo FRAGMENTOS, è stata presentata da Alessandro Rosada ed inaugurata da Marilena Pasquali (presidente del Centro studi Giorgio Morandi) che è anche l'autrice del testo di presentazione al catalogo. In esposizione alcune opere di grandi dimensioni oltre a lavori più piccoli ugualmente affascinanti e guazzi su carta vegetale. La mostra sarà visitabile fino al prossimo 31 dicembre. Vaquero è uno dei pittori più interessanti del contesto figurativo spagnolo contemporaneo, tuttavia definire l'artista con il solo titolo di pittore realista risulta seppur veritiero, limitativo. Julio Vaquero ci racconta della sua calda illusione del mondo, del suo "sentido" dell'altro in una maniera sfacciatamente poetica.

La forza delle sue tele è prepotentemente fisica, è di tale palpabile materialità che le sue opere non si guardano ma quasi si respirano; ci si immerge nell'atmosfera e si diviene parte del racconto, parte di una descrizione dell'assenza, di quel qualcosa che sta andando via. Vi è la rappresentazione attenta di una realtà che è puramente illusoria, di una dimensione temporale che è quella della perdita. La padronanza che l'autore ha della propria pittura fa in modo che nella mente del fruitore sensibile e curioso si sviluppi un senso di appartenenza. Non c'è figura umana nei lavori dell'artista spagnolo, non ci sono neanche parti di essa quali ad esempio una mano, una spalla, un capo voltato, nulla di tutto questo, eppure, l'essenza profonda del vissuto permane.

La struttura pittorica è salda a tal punto che la contrapposizione cromatica risulta accattivante e l'uso dell'oro, non semplice da gestire in quanto facilmente assimilabile al kitsch, è ben ritmato nella cadenza della concettualità. Elementi di astrattismo piacevolmente si fondono con il concretismo puro della quotidianità. Caparbiamente conscio del proprio valore artistico Vaquero ci concede di immaginare ciò che vogliamo e lascia indizi del vissuto altrui. Ecco quindi un letto sfatto, un armadio aperto pieno di vestiti che strabordano da esso, come straborda la pittura stessa, la precarietà di quel disordine è uguale a quella del pavimento che si sgretola, si disgrega, si liquefa. Il lasciare quel disordine fisico è un voler lasciare un disordine interiore, è quasi un abbandonare, un non ricordare, un modo per dissolversi. Non è mai però una confusione caotica e fastidiosa, quanto invece la traccia di un passaggio del tempo del protagonista che noi stessi eleggiamo. È qui la grandezza dell'artista spagnolo: nel regalarci il sogno che quel pezzo di vita dipinta sia la nostra, sia un frammento del nostro essere nel mondo. La percezione tattile della sua arte porta reminiscenze di Burri, di Tapies, di un tempo in cui il "materico" si innalzava da semplice aggettivo a genere d'arte. Nel caso di Vaquero la pregnanza del colore e la compagine figurativa delle opere costituiscono un concetto teatrale assolutamente vincente ed accattivante nello scenario variegato dell'arte contemporanea. La pomposità barocca e quel senso fuggiasco del tempo che non si arresta mai, donano a dipinti quali "Habitacion con pared densa" o "Armario abierto" (entrambi del 2016) una plasticità concettuale onirica che fa fluire la lettura dell'opera in una corrente raffinatamente mentale, in quel meraviglioso spazio del ricordo intoccabile e lontano che ognuno di noi custodisce preziosamente in se stesso.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo