Franco Perlasca racconta il padre Giorgio a «Una Montagna di libri»

CORTINA D’AMPEZZO. «Mio padre era un uomo giusto più che un eroe. Lui non amava essere chiamato eroe, diceva di aver fatto semplicemente la cosa giusta». A ottant’anni dalle Leggi per la difesa della razza che segnarono l’inizio della persecuzione degli ebrei italiani, Franco Perlasca ricorda il padre Giorgio, che all'epoca del nazismo salvò la vita di migliaia di ebrei ungheresi. E racconta, da figlio, una storia rimasta nascosta, anche alla famiglia, per oltre 30 anni. Perlasca sarà il protagonista del prossimo incontro di “Una Montagna di Libri”, la festa internazionale della lettura di Cortina d’Ampezzo. «Per riflettere - spiegano gli organizzatori - sulla ricerca inesauribile della verità storica, tra riscritture tardive, eroi semisconosciuti e inaccettabili negazionismi».
L’appuntamento è per domani, alle 18, nella Sala Cultura del Palazzo delle Poste di Cortina d’Ampezzo.
Franco Perlasca si occupa di trasmettere la memoria del padre, scomparso nel 1992, attraverso pubblicazioni e interventi pubblici.
Giorgio Perlasca, cresciuto a Maserà, in provincia di Padova, imprenditore con status di diplomatico nei paesi dell'est dallo scoppio della guerra, nel 1943, all’armistizio, sentendosi vincolato dal giuramento di fedeltà prestato al Re, rifiuta di aderire alla Repubblica Sociale Italiana. Viene internato, poi fugge e tra la fine del 1944 e il gennaio del 1945, fingendosi Console spagnolo a Budapest, riesce a portare in salvo 5218 ebrei ungheresi. Un Giusto tra le Nazioni la cui intera vicenda persino i familiari non seppero per molti anni: per umiltà, per discrezione, per carattere. —
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