GeGè Telesforo: «Con l’Unicef porto la musica nel mondo dove i bambini sono più a rischio»

Nato artisticamente con Renzo Arbore, cantante, polistrumentista, producer dell’etichetta Groove Master Edition, autore e conduttore radiotelevisivo... minimo comun denominatore è la musica, a cui GeGè Telesforo ha dedicato ogni sforzo. Giovedì alle 21 è, in quartetto, al Teatro Pasolini per Euritmica: «Il concerto di Cervignano – racconta Telesforo – fa parte di una lunga tournée teatrale. Al mio fianco Dario Deidda, uno dei colossi del basso elettrico a livello internazionale, al pianoforte Domenico Sanna, tra i migliori pianisti di jazz contemporaneo, leader della band di New York, Brooklyn Beat!, alla batteria un giovane talento, Michele Santoleri. In scaletta brani scritti da me e Deidda nel corso della nostra carriera, rivisitati in chiave world e molto etnica. Puntiamo sulla forza e le architetture dei ritmi e sul piacere di suonarli e presentarli al pubblico».
Al tour è legato un benefit?
«”Soundz for children” progetto per l’Unicef Italia, della quale sono diventato ambasciatore: portiamo i valori della musica nei contesti sociali difficili e a rischio per i bambini».
Il “Songbook”, uscito a ottobre?
«È una raccolta di composizioni che ho scritto nell’arco di 25 anni, è stato anche stampato un libro che riporta tutte le partiture, i testi, gli arrangiamenti».
In “Fun Slow Ride” del 2016 c’è anche il giovane trombettista triestino Daniele Raimondi.
«Talento meraviglioso, bravo ragazzo, solare e questo si sente nello spettacolo. Lo coinvolsi in questo progetto corale, una produzione internazionale per l’americana Ropeadope Records, si è ritrovato in un album pieno di star internazionali del jazz, da Max Ionata, Sanna e Deidda, Alan Hampton, Joanna Teters, Sachal Vasandani e tanti altri».
Vivere di musica in Italia oggi?
«Il nostro paese non supporta la musica, supporta le popstar e la discografia banale da classifica radiofonica. Purtroppo radio e tv non investono sulle eccellenze dell’arte nostrana. Dall’Italia non se ne vanno solo i ricercatori ma anche gli artisti e musicisti».
La musica in tv?
«L’abbiamo portata noi con trasmissioni come D.o.c., e lo faccio ancora quando ho la possibilità, per esempio con “Variazioni su tema” su Rai5, non ho lo studio né il budget per proporre un programma come quelli che si facevano a fine anni’80, però parlo di musica – cosa che non fa nessuno».
Ha dichiarato: “Il talento lo si trova nelle sfumature”.
«Nel pop italiano si cerca di stupire con una vocalità muscolare, anche quest’anno molte canzoni sanremesi erano costruite su melodie che portavano il cantante a sfoggiare tutta la sua potenza dinamica. Per il background che ho, mi fa venire la pelle d’oca una bella voce calda che intona intervalli».
Lei intervistò Miles Davis.
«Un ricordo indelebile: a 27 anni ho provato il brivido di avere una leggenda accanto. Qualche anno fa sono stato invitato a Los Angeles alla prima del film su di lui e hanno chiesto “Quanti di voi hanno incontrato Miles Davis nella vita?”, io ho alzato la mano ed eravamo 3-4 in tutta la sala».
Cosa ha imparato dai grandi?
«Da Renzo Arbore ho imparato a vivere da artista, il linguaggio della radio e della tv. In America Ben Sidran mi ha dato la possibilità di lavorare con grandi jazzisti del passato come Dizzy Gillespie, Jon Hendricks, Clark Terry».
Come mai non rimase all’estero?
«Sono tornato per “colpa” di Arbore. Dopo il periodo di D.o.c. alla tv mi ero trasferito a Madison nel Wisconsin, vicino a Chicago. Renzo mi chiamò per una tournée in Sud America con l’Orchestra Italiana. Salutai Sidran dicendogli che sarei stato via dieci giorni e sono diventati vent’anni. Poi ho sentito bisogno di fare le mie cose e con grande dispiacere, ho salutato anche Renzo. E adesso sono dieci anni intensi dove mi dedico esclusivamente alla mia musica e alla mia professione. Oltre ai concerti e a un nuovo disco, continuo con la sesta stagione di “Sound Check” su Radio24, in primavera riprenderò a produrre “Variazioni su Tema” per Rai5 (in onda da ottobre)». —
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