Ghemon, rimpatriata a Trieste dove è cominciata la sua carriera

Domani il cantautore e rapper al Castello di San Giusto: «Ho studiato con Al Castellana, mangiavo da Siora Rosa. La città era un po’ casa»
Elisa Russo



«Ho aspettato in silenzio con calma/ ora mi è venuta voglia di urlare/ sono convinto che questa sia/ l'ora mia/ il momento perfetto per me» cantava Ghemon all'ultimo Sanremo. È sotto gli occhi di tutti quanta strada abbia fatto il cantautore e rapper nato ad Avellino nell'82: nove album, dagli esordi hip hop al soul, funk, r&b che permea gli ultimi lavori, un libro in cui si mette a nudo (compresi problemi di salute superati, come la pericardite e la depressione), migliaia di concerti, l'inizio di un successo sempre più "popolare". Un viaggio che ha avuto una tappa importante nel capoluogo giuliano, dove Gianluca Picariello arrivò per studiare canto con Al Castellana «un cantante di Trieste - scriveva nel suo libro - che posso considerare forse l'unica voce soul del nostro Paese». E nel 2011 si esibiva al TriesteLovesJazz (nella sezione Black Attitude/In Orbita in Piazza Hortis).

Inevitabile ripartire con i ricordi da lì, ora che, dopo dieci anni, ritorna ospite dello stesso festival, domani alle 21 al Castello di San Giusto (prenotazione consigliata): «Erano tempi completamente diversi - riflette Ghemon - ed ero una persona differente. In quel periodo Trieste era un po' casa perché studiavo con Castellana, ci sono molto affezionato, salii sul palco proprio con i Soul Combo di Al, perché all'epoca andavo in giro con il dj e non avevo ancora la band, poi sono andato incontro alle mie naturali inclinazioni e ne ho creata una tutta mia».

Una band che oggi include Fabio Brignone (basso), Vincenzo Guerra (batteria), Giuseppe Seccia (pianoforte), Filippo Cattaneo Ponzoni (chitarra), Ilaria Cingari (cori).

Ghemon non ricorda, però, San Giusto: «Allora non facevo altro che studiare alla Casa della Musica e mangiare da Siora Rosa, mi sa che non vedevo altro». Un'abnegazione che ha dato i suoi frutti: musica, testi, voce, comunicazione, look, forma fisica, nulla è lasciato al caso. «Se poi fuori - prosegue - passa il messaggio che a qualcuno la fortuna gli cade in testa e invece qualcun altro se la guadagna sudando ogni giorno sono contento che sia così. Insomma il mio messaggio è: "non si può fare tutto per culo"».

Il tour prende il nome dall'ultimo album "E vissero feriti e contenti", di quest'anno. Nel 2020 era uscito "Scritto nelle stelle": «Due dischi recentissimi - spiega il cantante - che praticamente finora non sono stati eseguiti dal vivo, in scaletta aggiungo qualche classico dai precedenti a cui i fan sono affezionati, penso che abbiamo in mano un set con molte dinamiche, a San Giusto il pubblico dovrà stare seduto ma secondo me farà un po' fatica».

Gli album hanno fatto seguito alle sue due partecipazioni in gara a Sanremo: «Il Festival ti porta nelle case di tutti, anche di quelli che potrebbero ascoltare le tue canzoni perché si sentono rappresentati da te ma quando sei un artista più underground non "inciampano" nelle tue cose, ti aiuta ad andare incontro alle persone che sono come te, e quello è un gran vantaggio». E nella gestione dei social, sempre più trafficati anche dagli immancabili haters, Ghemon usa gentilezza e ironia come armi per ribaltare perfino le critiche negative: «Ho pazienza e per indole - conclude - quando c'è qualcosa che mi fa venire il mal di stomaco ci rifletto un attimo e poi ci rido sopra, che ci devo fare? Altrimenti si fa doppia fatica, da arrabbiati. Nel momento in cui si litiga online la cosa può anche non avere una fine, se invece si risponde con una battuta, si smorzano i toni, e si dimostra un'eleganza diversa». —

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