Gianni Safred, l’innovatore del jazz che sperimentò l’elettronica

Faceva parte della generazione di giovani musicisti triestini del dopoguerra come Lelio Luttazzi, Teddy Reno e Franco Vallisneri. Aveva suonato con Django Rheinhardt e Stéphane Grappelli ed è considerato un precursore dell'elettronica, tanto che alcuni suoi album, considerati seminali, sono stati ripubblicati nel 2019. Avrebbe compiuto 98 anni oggi il jazzista triestino Gianni Safred, tastierista, compositore e sperimentatore.
Prima della guerra, aveva creato un trio con Danilo Ferrara e Bruno Purin con cui si esibiva nei più noti locali triestini dell’epoca. Trasferitosi a Roma, dà vita a un trio con Carlo Pecori e Aurelio de Carolis. Ed è in quel periodo – siamo nel '49 – che al Jicky, famoso jazz club della capitale, ha modo di suonare nientemeno che con Reinhardt e Grappelli, in tour in Italia. Registrano assieme alla Rai di via Asiago più di 70 brani, oggetto di una riedizione integrale in tre cd della casa discografica francese Label Ouest dal titolo "Rome 1949". Tornato a Trieste all’inizio degli anni ‘50, Safred inizia a collaborare anche come arrangatore con l’Orchestra Rai di Milano e con molti dei migliori jazzisti di allora, come Gianni Basso, Bruno Tommaso e Andrea Centazzo. Nell’ottobre del '54 è alla guida della Gianni Safred Orchestra con cui tiene numerose serate (si chiamavano intrattenimenti danzanti) in città. Nello stesso anno partecipa al concorso Bacchetta d’Oro (e a presentare la serata è Nunzio Filogamo). Alla fine degli anni Cinquanta entra nell’orchestra di Guido Cergoli e collabora con Franco Russo con cui nel '62 forma un duo. Con Umberto Lupi incide alcuni brani tradizionali in chiave elettronica. È infatti quella la strada che intraprende, da pioniere: realizza uno studio di registrazione con Mini e Polymoog, Arp Odyssey, Sequencer e Space Echo Roland e nel '67 incide per Music Scene l'album “Piano Club”. Sempre più preso dalla sperimentazione - anche se la figlia ricorda che era il jazz il suo vero amore - Safred non disdegna apparizioni con la sua orchestra. Nel '77 registra “Electronic design” come Gianni Safred and his Electronic Instruments. È del ‘78 “Futuribile the life to come”, definito un classico italiano retro-futuristico e ristampato su doppio LP per la Four Flie Records. Un anno dopo escono “Gianni Safred alle tastiere”, “Sexy Souls” e “Themes Like Old Times”, autentiche chicche per collezionisti. Nel 1980 compone la colonna sonora del film dedicato a Italo Svevo “Da ciò che dura a ciò che passa”. Scomparso prematuramente nel 1981, i suoi lavori sono ancora ricercatissimi. Numerosi gli aneddoti riferiti dalla figlia Cristina, legatissima al padre. «Era una persona molto schiva, ma era un genio. Tornata da scuola, mi chiudevo in studio con lui e passavo molto tempo ad ascoltarlo suonare. Quello che sono lo devo a lui: mi ha insegnato i veri valori della vita». Safred era un personaggio molto particolare. A Roma lo si poteva vedere passeggiare con al guinzaglio... una volpe. Alto e carismatico, si presentava come una persona molto seria, ma che amava anche ridere. Proverbiale la sua “spiffero-fobia”. Gino Cancelli ricorda che, per scherzo, gli soffiavano sul collo per poi sentirlo immancabilmente gridare “chiudete la porta!”. —
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