Giulia Caminito: «Racconto come una ragazza riesce a odiare sua madre»

Il romanzo ”L’acqua del mare non è mai dolce” (Bompiani) in corsa per la finale del premio il 10 settembre
Marta Herzbruch
Interpress\M.Tagliapietra Venezia 23.06.2021.- Finalisti Premio Campiello 2021. Hotel Hungaria, Lido di Venezia. Giuliia Caminito.
Interpress\M.Tagliapietra Venezia 23.06.2021.- Finalisti Premio Campiello 2021. Hotel Hungaria, Lido di Venezia. Giuliia Caminito.

l’intervista



Il libro “L’acqua del lago non è mai dolce” di Giulia Caminito (Bompiani, pp. 300, euro 18), finalista del Premio Strega e in corsa per il Super Campiello il 10 settembre, è un anti-Bildungsroman, un romanzo di 'de-formazione' ambientato all'inizio degli anni 2000 sulle rive del Lago di Bracciano e racconta la rabbia di un'adolescente verso la madre, la sua famiglia indigente, disfunzionale, e l'intera società. Nata a Roma nel 1988, laureata in Filosofia politica, impegnata nel mondo dell’editoria, Giulia Caminito è una delle voci più interessati dell'attuale panorama letterario italiano. Ha esordito con i romanzi storici “La grande A” (Giunti) premio Bagutta e premio Berto per opera prima, “Un giorno verrà” (Bompiani) Premio Fiesole Under 40 e la raccolta di racconti “Guardavamo gli altri ballare il tango” (Elliot). Le abbiamo chiesto di parlarci di questo suo nuovo, potente, romanzo.

Come ha creato la voce d'una prima persona narrante così originale e memorabile?

«La ringrazio per questi due aggettivi così importanti. Ci ho lavorato provando a liberarmi e a sfogarmi con la scrittura. È stato un libro sofferto per me, ma che mi ha anche divertita per altri versi. Ho cercato di costruire il carattere di Gaia fin da subito e di renderlo il più tagliente possibile. Volevo la sua voce fosse ben distinguibile e riconoscibile, nel bene e nel male».

Uno dei momenti chiave del romanzo è il dono di un vocabolario che Gaia riceve dalla madre e che studierà in modo “compulsivo e distruttivo”. Ora ha nuove armi per esprimere la sua furia. Qual'è il limite tra il potere creativo e distruttivo delle parole?

«Mi interessa la parola potere perché la scrittura è potere. Potere di scegliere, di scartare, di dare vita, morte, di occultare. Gaia sceglie le parole come armi esplosive, le parole sono gratuite, le parole non costano, basta avere un buon dizionario per imparare a usarle e gettarle addosso agli altri. E così fa lei, come cannoni in mare aperto, prepara le sue parole da sparo».

Gaia potrebbe essere per i lettori più giovani un modello negativo?

«Non sta ai romanzi educare e soprattutto non è detto che un personaggio negativo porti per forza alla emulazione. La parabola di Gaia inoltre non è vincente e non credo sia estetizzata o promossa come modello di vita. Altrimenti dovremmo anche evitare di far leggere ai più giovani il novanta per cento dei romanzi».

Nell'etica radicale che Gaia ha assorbito dalla madre, il valore più alto è la fedeltà ai valori dell'amicizia, del rispetto filiale e dell'amore che, se traditi, scatenano nella ragazza reazioni violente e schizoidi. Perché di contro Gaia odia “gli innocenti”?

«“Perché si sente una colpevole, e perché mentre la madre proietta questi valori nel mondo, lei li pretende verso se stessa ma non sempre li applica e li agisce verso gli altri».

Nel suo romanzo lei trasforma il Lago di Bracciano in uno dei grandi luoghi della lettura, come la Dublino di Joyce o la Macondo di Marquez...

«Questo non sta a me dirlo, se sono riuscita e sono dei paragoni un po’ alti per me. So solo che è un luogo a me carissimo e che volevo emergesse dal ruolo di semplice sfondo per trasformarsi in un personaggio del romanzo».

Tutti i suoi personaggi sono perfettamente scandagliati, l'unico a restare in ombra, afono, è il padre. Perché?

«I suoi silenzi, la sua immobilità, il suo modo di maltrattare Mariano quando è piccolo e poi quello di ritrovarlo e amarlo da adulto, la sua vergogna, la sua incapacità a sostenere le sfuriate della moglie, il suo chiudersi in stanza per non sentire litigare, i suoi sguardi costernati ai pranzi di Natale o la sua eccitazione per la presenza della tv in casa, credo raccontino tanto del personaggio e non ne facciano una banale figura di contorno. Almeno questa era la mai speranza scrivendolo». —



Riproduzione riservata © Il Piccolo