“Gli infelici” di Vito Timmel magnifica inquietudine orfana di spostati e ilari

Esce il volume dedicato all’olio dell’artista triestino che doveva essere parte di un trittico poi interrotto

il quadro



“Timmel, la magnifica inquietudine”. Queste parole si leggono sulla copertina del volume che la tipografia Mosetti sta stampando in queste ore e che avrà forma compiuta e potrà essere sfogliato fra tre-quattro giorni.

Il libro è dedicato al quadro “Gli Infelici”, realizzato nel 1920 dal pittore Vito Timmel e acquistato in un’asta e riportato a Trieste pochi mesi fa da Guido Crechici, patron della Modiano. L’olio è esposto nel salone al pianterreno della sede dell’Irci di via Torino dove è formalmente ancora in corso – pandemia permettendo - la mostra dedicata alle opere realizzate da artisti che nel passato hanno lavorato per la Modiano. Timmel è stato uno di questi e a lui Piero Delbello ha dedicato questa ricerca che approfondisce quanto Franca Marri aveva scritto nel 2005 sulla pagine della monografia realizzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste.

“Cosa sconvolgeva l’anima e la mente del pittore Vito Timmel?” si chiede Delbello nella prima pagina del volume. E nelle cento e più pagine cerca di darsi e dare al lettore una risposta a questa domanda partendo dal quadro che lo stesso Timmel aveva ritenuto tra i più importanti, se non il più importante delle sue opere.

Nel 1924 aveva proposto l’acquisto de “Gli infelici” al Museo Revoltella, ma i vertici del museo dissero “no” e scelsero un’altra opera di Timmel, i famosi “Fochi”.

La ricerca parte da lontano, dalla vicenda che coinvolse non solo Timmel ma anche altri artisti, intellettuali e imprenditori in sapore di irredentismo. La Grande Guerra era scoppiata, l’Italia aveva rotto l’alleanza più che trentennale che la legava all’Austria e alla Germania, schierandosi con l’Intesa. Triestini, istriani, trentini non proprio in odore di fedeltà assoluta all’Aquila Bicipite, erano stati forzatamente militarizzati e rinchiusi in un campo nei pressi di Radkesburg. Militari senza mostrine e senza incarico.

Lì, in quelle baracche, si era sviluppato il rapporto artistico tra Vito Timmel e Argio Orell, destinati entrambi a chiudere in solitudine le proprie vite negli Anni Quaranta all’interno del comprensorio di San Giovanni. Orell si spense nel 1942 nel padiglione lungodegenti, Timmel sette anni più tardi in una stanzina del manicomio.

Il quadro acquistato dalla Modiano doveva far parte di una trilogia. Ne aveva parlato pubblicamente lo stesso autore che aveva risposto come altri pittori alle domande di un giornalista de Il Piccolo e aveva apertamente citato un trittico dedicato agli Eroi che a suo dire avrebbe potuto essere esposto all’interno di un Palazzo di Giustizia.

Degli altri due quadri nulla si sa, tranne ciò che riferisce lo scrittore Salvatore Sibilia nel suo libro dedicato ai pittori e scultori di Trieste. “Oltre agli Infelici quasi completato, ho visto due abbozzi”. I due abbozzi avrebbero dovuto avere per titolo Gli spostati e Gli ilari. Quale avvenimento ne abbia bloccato per sempre la realizzazione non si sa.

Certo è che la risposta va cercata nella mente del pittore, nelle sue ossessioni e paure. “Non occorre dire che Vito Timmel è uno spirito bizzarro. La libera fantasia fu la legge della sua vita” scrive Silvio Benco nel 1937 in un memorabile articolo dedicato al pittore sulle pagine de Il Piccolo. “Egli è un po’ fuori dal tempo, ma questo non gli toglie nulla: ha una propria natura riflessiva e fantastica e una propria espressione soccorsa dai mezzi di un disegnatore sicuro, elegantissimo e di un raffinato senso del colore”. Silvio Benco nello stesso articolo cita i punti di riferimento della cultura non solo pittorica a cui guardava Timmel. “Sensazioni di lusso, immagini voluttuose e un po’ perverse, macabre ossessioni di ricchi avvolgimenti decorativi. Baudelaire, Wide, d’Annunzio, torbidi dell’anima espressi nella più limpida lucentezza. Un insieme narrativo e allegorico nella composizioni non poco sataniche”. —

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