Gustavo, l’ultimo maggiordomo tra i fantasmi del castello di Duino

TRIESTE. Due livree diverse per la prima e seconda colazione, il frac rosso per la cena. L’incarico di scegliere e predisporre i fiori nelle stanze che nel 1100 ospitarono Dante in fuga da Firenze e, ottocento (e uno) anni dopo, il poeta Rainer Maria Rilke, in crisi per l’assenza di slancio creativo.
Arrivato dall’Argentina a Duino nel 1982 in cerca di fortuna, José Gustavo Martinez ebbe la straordinaria e irripetibile opportunità di entrare nella dimora di una delle più antiche nobiltà europee e di sostenere il colloquio di lavoro con un principale di sangue blu, imparentato con teste coronate di mezza Europa, da Carlo d’Inghilterra a re Juan Carlos. “Gustavo” è stato l’ultimo maggiordomo del principe Raimondo della Torre e Tasso e, per quattro anni, l’ha servito nella splendida dimora affacciata sul golfo di Trieste, tra i Tiziano e i Rembrandt, e l’ha accompagnato in giro per il mondo, soprattutto nei luoghi caldi che Sua Altezza prediligeva per lenire i problemi legati all’enfisema polmonare. A Gustavo, e ai suoi speciali ricordi (fantasmi e apparizioni compresi), è dedicato uno degli approfondimenti del Piccololibri in edicola sabato 27 marzo con il quotidiano: un inserto di sette pagine sui personaggi, l’arte e la cultura di Trieste e del territorio all’interno di Tuttolibri della Stampa.
Al centro dello sfoglio un altro personaggio, il designer e architetto Virgilio Forchiassin, nato nel 1945 a Trieste e morto l’8 marzo scorso a Udine, dopo una vita trascorsa a Moruzzo, negli ultimi anni coltivando la passione per la pittura. Il suo debutto sulla scena internazionale è precocissimo, quando ancora era studente all’Istituto d’arte Nordio, dove in seguito insegnerà disegno architettonico, tra il ’74 e il ’76, per poi passare al “Sello” di Udine e rimanervi per trent’anni come docente di arredamento, design e geometria descrittiva. Nel 1964, diciannovenne, Forchiassin disegna un servizio di posate per il concorso “cucchiaio d’oro” di Colonia ed è l’unico italiano ad affermarsi in una rosa di 42 professionisti.
Le posate gli portano fortuna anche nell’edizione 1966 dello stesso concorso e i suoi modelli vengono esposti in Germania, poi a Londra nello store di lusso Solfridges di Oxford Street. Ad appena ventidue anni viene nominato responsabile dell’ufficio tecnico e di progettazione della Snaidero di Majano e lì, nell’azienda friulana delle cucine componibili, sforna il suo capolavoro, “Spazio Vivo”, la prima cucina a isola centrale della storia, che, con una rivoluzionaria concezione degli spazi e della socialità domestica, fa il giro dei Saloni del Mobile, da Milano, a Parigi, a Tokyo, per poi finire, dal 1972, nella collezione permanente del MoMa di New York. L’ultima parte della sua vita la dedica, oltre che all’insegnamento, alla pittura, anche in questo settore sperimentando una tecnica innovativa che sfrutta il calore come pennello e il colore come materia, per produrre quelle che definisce “alchimie” e “lacerazioni”.
Ricorrono quest’anno, il 14 agosto, i cent’anni dalla nascita di Giorgio Strehler. E al geniale e bizzoso regista triestino, il cui rapporto con la città fu sempre tormentato e conflittuale, è riservata la copertina del Piccololibri. È il 26 luglio 1974 a Salisburgo quando una memorabile lite schiera l’uno contro l’altro due assoluti narcisi della scena, il direttore del Festival Herbert von Karajan e il consulente artistico Strehler. Fu il drago ideato da quest’ultimo, che avrebbe dovuto rendere memorabile un’edizione del “Flauto magico”, a rivoltarsi contro il suo creatore, complici i macchinisti del teatro, a cui Strehler non aveva risparmiato invettive e un linguaggio offensivo.
Karajan approfittò del flop della macchina scenica per liquidare platealmente il triestino, che ruppe il contratto e se ne andò da Salisburgo con tre anni di anticipo. Ma le sue traversie con le maestranze del teatro si ripeteranno alla Scala, quando dovrà intervenire il baritono triestino Piero Cappuccilli per scongiurare un’altra insubordinazione. Completano l’omaggio a Strehler un approfondimento sul suo fondo e i suoi documenti, donati al Comune di Trieste congiuntamente dalla moglie Andrea Jonasson e dall’ultima compagna, Mara Bugni, e oggi conservati al Museo Teatrale Schmidl.
Tra gli autori da riscoprire questa settimana una pagina del Piccololibri si occupa di Renzo Rosso (Trieste 1926-Tivoli 2009), autore del romanzo “La dura spina”, finalista allo Strega 1963, e subito annoverato dalla critica nella letteratura mitteleuropea, accanto a grandi come Saba e Svevo. La mappa d’autore porta i lettori a Muggia, dove nell’estate 1959 fece tappa con la sua Fiat 1100 Pier Paolo Pasolini. «Qui finisce l’Italia, finisce l’estate» scrisse nel reportage “La lunga strada di sabbia”.
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