Harari indaga nella storia dell’umanità

“Da animali a dèi” rilegge l’evoluzione attraverso l’immaginazione

È un libro davvero singolare il saggio di Yuval Noah Harari, “Da animali a dèi. Breve storia dell'umanità” (traduzione di Giuseppe Bernardi, Bompiani, pagine 534, euro 22,00). L'autore, docente al Dipartimento di Storia della Hebrew University di Gerusalemme, traccia, a tappe forzate, la storia del genere umano, dalle origini a oggi. Spiegando che 100 mila anni fa la Terra era abitata da almeno sei specie di umani, animali come gli altri, finché se ne affermò una sola, l'homo sapiens, quella a cui apparteniamo.

Il segreto dell'umanità è, per Harari, l'immaginazione. «Siamo soltanto noi umani - afferma - che possiamo parlare di cose che esistono soltanto nella nostra immaginazione, come le divinità, le nazioni, le leggi, i soldi. Ma è grazie a queste nostre fantasie collettive di tipo teologico, giuridico, politico ed economico che siamo riusciti a cooperare nel corso della Storia, giungendo a dominare il mondo». Da animali a dèi spiega come ci siamo associati per creare città, regni, imperi, perché crediamo in Dio e affermiamo il diritto e le leggi. Ma anche come siamo finiti schiavi del consumismo, della burocrazia e della ricerca della felicità a tutti i costi. «Già da ragazzo - racconta Harari - mi interrogavo sul perché le cose nel mondo andassero come vanno. E mi stupivo che gli adulti non si ponessero le stesse domande. Così ho deciso di andare alla radice di certe situazioni: i conflitti, le guerre, gli scontri ideologici, le differenze religiose, ma anche la grande capacità degli uomini di associarsi e lavorare insieme a progetti comuni. Andare alla radice in senso storico e antropologico. Mi interessava decodificare certi meccanismi psicologici alla base delle scelte degli esseri umani nel corso della vicenda storica. Così ho cominciato a farmi domande specifiche su fatti che trovavo quanto meno curiosi». Domande che si fanno tutti: «Ad esempio come ha fatto il capitalismo a diventare l'ideologia dominante nel mondo intero. Oppure come sia possibile che i popoli litighino sulla religione e sulla politica, ma credano nello stesso sistema monetario». «Se guardiamo agli scimpanzè, ad esempio - continua l’autore - , non trovo davvero molte differenze. L'unica e reale differenza è la capacità di noi esseri umani di cooperare su larga scala, cioè in grandi numeri. E questo grazie alla nostra immaginazione».

Roberto Carnero

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