Herman Koch si perde nel “Fosso” della folle gelosia
È rimasto in bilico sul suo fosso. Sì, proprio lui, il brillante, spietato e corrosivo Herman Koch de "La Cena" e "Villetta con Piscina". Il “Fosso” in questione (Neri Pozza, pagg. 320, 17 euro) è un...

È rimasto in bilico sul suo fosso. Sì, proprio lui, il brillante, spietato e corrosivo
Herman Koch
de "La Cena" e "Villetta con Piscina". Il
“Fosso”
in questione
(Neri Pozza, pagg. 320, 17 euro)
è un romanzo pieno di buone intenzioni ma riuscito a metà. Lo stile è come al solito asciutto, veloce e graffiante ma non basta. Troppo esile e scontata la trama per poter arrivare fino in fondo senza affanni. Un giudizio severo ma le aspettative nei confronti di uno scrittore che riesce sempre a mettere d’accordo critica e pubblico, erano molto alte. Ci aveva abituato bene. Non è un libro da buttare, per carità, Koch parte da una base molto elevata ma questo ultimo nato non vale i suoi libri migliori.
Detto questo, l’autore olandese riesce a dare sempre il meglio di sè nelle pagine in cui mette a nudo, fino a scarnificarle, ipocrisie, debolezze e lati oscuri dell’ambiente borghese. Ma l’impressione è che Koch si sia imbarcato in un progetto narrativo troppo ambizioso e con troppe strettoie dove è rimasto intrappolato lasciando qualche perplessità nel lettore una volta finito il percorso di oltre 300 pagine. L’autore olandese, come negli altri suoi romanzi, semina qua e là molti spunti di riflessione su temi forti e sempre attuali: pregiudizi razziali, suicidio assistito, vanità del successo e fugacità del potere. Tanto materiale ma poca storia. Eppure la partenza prometteva bene. Koch ci offre da subito l'immagine di un'Olanda solo apparentemente da cartolina, in realtà “affollata” da pregiudizi sociali e razziali, ben mascherati ma comunque presenti. Un Paese dove si tenta di nascondere problemi e contraddizioni sotto il tappeto. Tutto il libro ruota attorno alla figura di Robert Walter, sindaco di Amsterdam: un uomo all’apice della carriera, un sessantenne ricco e piacente con una bella moglie straniera (Sylvia), di cui si guarda bene dal rivelare di quale nazionalità sia, proprio in virtù di quei pregiudizi da cui neanche lui è immune. Il declino del primo cittadino comincia quando a una festa vede sua moglie abbandonarsi a una risata e rovesciare la testa all’indietro mentre sta conversando con un suo insignificante assessore. Sono amanti? È l’inizio del suo calvario. Spunta il tarlo della gelosia, un veleno per la sua mente. Il marito comincia a spiare ogni suo movimento, tutti i suoi comportamenti sono passati ai raggi X, ogni sua mossa viene sminuzzata. Robert Walter è divorato da ossessioni e paranoie. Ecco come può rovinarsi un uomo che aveva tutto. Ma i guai non arrivano mai da soli e così deve fare i conti con i vecchi genitori che meditano sul loro decadimento fisico e sulla possibilità di optare per una morte assistita. Ma non basta. Un giornalista lo accusa di aver preso a bastonate un poliziotto fino a ridurlo all’infermità fisica durante una manifestazione contro la guerra in Vietnam negli Anni Sessnata. E non è tutto. Ma quando Koch si avventura sul terreno del “non detto” vi rimane impantanato. C'era un solo autore che da un sospiro, da un mezzo sospetto o da una piccola suggestione, riusciva a spremere anche un centinaio di pagine. Ma Koch non ha la profondità di Georges Simenon. Più nere e torbide erano le acque più lo scrittore belga dava la misura della sua grandezza. Basta ricordare “La scala di ferro”, “Il piccolo libraio di Archangelsk”, “Il fantasma del cappellaio”, forse non i titoli migliori e i più noti ma quelli ma dove si respira un’aria malata e di febbrile attesa. Creava una tensione narrativa sempre molto alta anche senza grandi accadimenti. Assodato che Koch non è Simenon può capitare in un libro di deragliare dal progetto iniziale. E poi c’è di peggio, molto di peggio in circolazione.
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