I Blood Brothers a Udine celebrano Bruce Springsteen

Oggi al Palamostre concerto della tribute band che propone rari brani del Boss. «È uno spettacolo che sfrutta la magia del teatro»



«Mi è sempre piaciuto organizzare delle feste e mi è rimasto questo spirito: il nostro live è un incontro di chi vuole festeggiare Springsteen o più in generale la vita, perché chi va a un concerto è in cerca di emozioni vere, di qualcosa che scaldi»: il cantante e chitarrista Francesco Zerbino presenta così il suo progetto Blood Brothers, uno dei tributi a Bruce Springsteen più apprezzati a livello europeo. Sono dal vivo oggi alle 21 al Palamostre di Udine, con la produzione della triestina Good Vibrations e una scaletta che comprende i grandi successi del cantautore del New Jersey come “Born in The Usa” , “Born To Run”, “Hungry Heart” , “Badlands” , ma punta anche a sfruttare l’ambiente teatrale per proporre brani inseriti pochissime volte dallo stesso Springsteen. Il livornese Zerbino, diplomato al conservatorio in percussioni, ha alle spalle una carriera di batterista, da quando aveva 17 anni ha girato Italia, Europa, America con i Pipelines (tribute band dei Beach Boys), è stato anche dj e ha diretto una discoteca. Un giorno, la folgorazione a un concerto del Boss: «Nel 2012 – racconta –, sotto un diluvio universale a Firenze, vidi una passione tale a quella che mettevo io nel mio lavoro. Credo che ognuno di noi nella vita si circondi di persone che hanno un’energia simile, si cercano delle affinità, una comunione di valori, e guardando una coppia di signori che ballavano davanti a me “Dancing in the Dark” fradici di pioggia ho capito che volevo cantare». Da lì è cominciato un lavoro incredibile: «Mi sono messo a studiare la chitarra e continuo a farlo. Sono riuscito da subito a calarmi nelle canzoni. Ora abbiamo un seguito di fedeli da tutta Italia e l’altra sera a Modena sono venuti a vederci dalla Spagna, dalla Germania… Ogni spettacolo è energeticamente molto potente e questo accomuna e colpisce le persone e le fa tornare a vedere una band che propone un tributo, per giunta di un artista ancora in circolazione, è una cosa meravigliosa, un miracolo che stiamo vivendo». È sempre aperto, infatti, il dibattito che contrappone band di musica propria a gruppi di cover: «Argomento antichissimo che non comprendo – commenta il leader dei Blood Brothers – credo sia frutto di un’insoddisfazione. Nell’arte bisogna aprire lo sguardo e le porte. Se uno sta bene a fare un certo tipo di musica è molto probabile che gli riesca bene, se la fa con rancore e frustrazione non verrà nel migliore dei modi. Io vengo dal conservatorio, cresco con una filosofia diversa. Un pianista famoso come Glenn Gould che eseguiva Beethoven lo critichiamo forse? È normale eseguire musica o recitare una poesia, un’opera già scritta». Del concerto di Udine anticipa: «In teatro, da seduti, si è portati a guardare con un’attenzione diversa quello che succede sul palco, tutto acquista un’intimità molto profonda, l’audio e le luci giocano un ruolo fondamentale. In scaletta abbiamo anche brani suonati raramente da Springsteen ma che meritano attenzione particolare, delle chicche per gli appassionati ma non mancano le hit che ci fa piacere suonare, alcuni sono un po’rivisti, in chiave personale, il resto dei brani sono proposti con il massimo rispetto, cercando di mantenerli come erano stati scritti. Per un amante della musica rock è uno spettacolo da non perdere: le migliaia di persone che ci hanno già visto ci dicono questo». I prossimi mesi? «Ancora teatri, torneremo anche al Miela per il festival Trieste Calling The Boss, e poi trasferte in Germania, Spagna, Croazia». —

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