I novant’anni del pittore Sergio Altieri tutta una vita «in lotta contro la tela»

Nessuna grande festa: solo le telefonate degli amici e l’affetto dei familiari. Sergio Altieri ha compiuto 90 anni nella sua casa di Capriva circondata dal giardino amorevolmente curato dalla moglie Livia, compagna di una vita. A lui è stata assegnata la targa della “Biennale d’arte di Trieste-La Biennale dell’amicizia e della pace” diretta da Luigi Pitacco: per l’iniziativa in programma lo scorso marzo, alla sala “Veruda” di palazzo Costanzi con un’appendice nella sala “Fittke” erano già esposte una settantina di opere di vari autori, ma il lockdown ne ha fatto rinviare l’apertura (prevista per l’8 marzo, festa della donna) ai mesi successivi.
Il tema dell’edizione numero quindici era proprio legato alla donna e al suo ruolo nel mondo contemporaneo. Altieri era presente con alcuni lavori della serie “Come una musica distante”, titolo che richiama un libro di Emanuele Trevi. Fosse per lui, del riconoscimento non si dovrebbe scrivere una riga, ma non certo per una mancanza di sensibilità nei confronti dell’organizzazione. Semplicemente, è persona schiva e i riflettori non li ha mai amati, ma è uno dei “nostri” pittori più apprezzati e noti, oltre che un testimone autentico: prima di cominciare con le bamboline, i casolari, le Venezie, le colline, i castelli di Colloredo e con qualche altro tema, ha vissuto la temperie del Neorealismo («il più bel periodo della mia esistenza: così pieno di certezze e di speranze») immettendo nei quadri quell’impegno civile che, nella vita, ha sempre portato avanti.
Non è un caso allora che, come titolo di una sua personale del 2014, a Cormons, avesse scelto “L’arte tra fatica e rispetto”: a significare che in fondo il suo è un lavoro come un altro e che un quadro, almeno nel suo caso, non può certo essere il risultato di un’improvvisazione. Si tratta, peraltro, di un modo d’intendere il mestiere che l’ha contraddistinto fin dalle prime prove della fine degli anni ’40, quando impastava le terre con la colla, secondo una tecnica, in seguito abbandonata, che il suo maestro Gigi Castellan gli aveva insegnato immaginando le difficoltà economiche nell’acquistare i colori a olio.
La mostra curata da Giancarlo Pauletto a Gorizia, a Palazzo Attems Petzenstein, nel 2018, ha sintetizzato una vita dedicata alla pittura: al momento, è l’ultima, importante esposizione di un fortunato percorso che comprende le partecipazioni all’ottava e alla nona Quadriennale di Roma nonché alla 54° Biennale di Venezia del 2011, senza trascurare l’antologica del 2008 a Villa Manin: “Figure del mito”, sempre curata da Pauletto.
Ora «la lotta contro la tela», per usare parole sue, continua: sul cavalletto di Altieri c’è sempre da lavorare e lui, a novant’anni splendidamente portati, è quello di sempre: elegante, ospitale, colto, con una biblioteca dove trovano spazio tanto i classici greci e latini quanto i saggi, tanto la narrativa quanto la poesia. E accanto alla letteratura c’è la musica, entrambe determinanti affinché quel mondo interiore, protetto dalle colline caprivesi e dall’amore della signora Livia e dei tre figli, prosperi e si trasferisca nella sua arte. —
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