I versi di Seamus Heaney, che affondano nella memoria

Giovanni Parrini è un poeta fiorentino. Ha pubblicato diverse raccolte in versi per Manni, Interlinea, Moretti&Vitali. L’ultima, “L’occasione e l’oblio”, edita da Stampa, è una raffinata planimetria dei dettagli quotidiani, i più invisibili, in una profonda adesione alla vita. Il suo consiglio: «È “Morte di un naturalista”, del poeta irlandese Seamus Heaney, il libro rimasto nel mio cuore, per l’equilibrio tra movimento prosodico, forza immaginativa e concretezza; e per il titolo, come quello di un noir. Trentaquattro poesie sulle esperienze del poeta da bambino, presso la fattoria di Mossbawn (contea di Derry), suo luogo di nascita, dove di Seamus – che avrebbe avuto Virgilio fra le sue preminenti letture e vinto il Nobel – i versi raccontano l’innocenza percettiva che diventa sofferta coscienza.

L’opera si apre con la celebratissima Scavare (Digging), che della scrittura sancisce il senso legato all’etimo “sker”, incidere. Scrittura-utensile che affonda nella memoria familiare e collettiva: “Tra il mio pollice e l’indice riposa / la tozza penna, Scaverò con questa”. Un libro ricco di immagini, i “grandi re della melma”, il “sole assillante”, le “uova di rana”, su cui il bambino-naturalista accende intime riflessioni: “ Una volta staccata dagli arbusti | la polpa da dolce diveniva aspra. | Mi veniva sempre da piangere. Non era giusto | che tutto quel bel raccolto puzzasse di marcio”. Nel piccolo c’è già lo sconforto per l’esserci, la vicissitudine del poeta. Esemplari i versi di Seguace, dove Seamus va col padre nel campo, vuole imitarlo, incespica, piange; o quelli di Vacanze di metà trimestre, scritti per la morte del fratello Christopher, “ quattro piedi di bara, uno per ogni anno”. Così, Seamus, incantato e turbato dai topolini, dalle rane e dai fiori, si addentrerà nelle regioni dell’invisibile, raggiungendo quella consapevolezza innocente degli eccelsi artisti, come si legge nell’ultima poesia del libro, Elicona personale, dove nel buio restano le rime: “Rimo per potermi vedere, rendere il buio echeggiante”». —

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