“Il bracconiere” è l’uomo violento che sa come distruggere un amore

Nel romanzo  di Valentina Musmeci la storia di una sopraffazione tra le mura domestiche e il percorso di rinascita



«Bracconiere: persona che caccia di frodo, la parola deriva originariamente dal francese braconier, “uomo che va a caccia con i bracchi”, da cui il termine “braccare”, ovvero cacciare senza sosta, come fanno i bracchi». E “Bracconiere” è Bruno, uomo fragile e violento che usa l’appellativo del cacciatore di frodo «sul suo profilo del sito di incontri» per adescare donne, alla continua ricerca di una «spinta vivificante». E a fare le spese di questa «adrenalinica sensazione di fare qualcosa di illegale» è Diamante, la moglie di Bruno, che pagherà amaramente l’amore per un uomo che scoprirà essere manipolatore e bugiardo, oltre che infedele. Ma è la storia di una rinascita “Il bracconiere” (Ed. La Grafica, pagg. 256, Euro 16,00), romanzo di Valentina Musmeci che sarà presentato domani, alle 18, alla Libreria Lovat di Viale XX Settembre a Trieste. Artista e fotografa trentina, autrice di libri di viaggio e di avventura, fondatrice dell’associazione Falenablu contro la violenza sulle donne, Valentina Musmeci racconta in questo romanzo - introdotto da Sara Zanatta - una storia di violenza e abbandono che porterà la protagonista a intraprendere un difficile ma salvifico percorso di rinascita.

Il libro si apre con un diario di viaggio datato 1984. È il diario di Bruno, esperto alpinista, partito alla volta dell’Himalaya per scalare il Makalu. A fare da contrappunto ai report giornalieri su una spedizione di sapore coloniale, le lettere d’amore di Diamante: è l’inizio della loro storia, nata all’ombra di sogni ed emozioni condivise. Fino a decidere di sposarsi, avere due figli, creare una famiglia. Ma presto le cose cambiano. Con il tempo Bruno si rivela diverso da ciò che era: l’uomo affascinante e sicuro diventa violento, assente, infedele. Per Diamante è l’inizio di un calvario durato anni, con situazioni di violenza estrema difficili persino da raccontare: «Mentre le vivevo, mi scoprivo a proteggere il mio carnefice, a difenderlo, a giustificarlo. Ne ho ridimensionato i gesti violenti. Negati a volte. E l’ho fatto per conservare un precario equilibrio (...) Voleva che io fossi responsabile della sua infelicità, non della gioia e dei successi». Una storia come tante, troppe, a fronte della quale Diamante reagisce. La separazione, le battaglie legali, il difficile rapporto con i figli e con il mondo intero. E poi l’analisi, l’affrontare la realtà per cercare di capire dinamiche e rimedi. Nel romanzo altri personaggi partecipano a questa scalata verso il riconoscimento di sé: i genitori di Bruno, le amiche come Pia, che a sua volta ha dovuto attraversare montagne di dolore. Alla fine la consapevolezza di se stessa porterà Diamante a trovare nell’arte un punto di equilibrio e un rifugio dove, forse, il bracconiere non potrà arrivare. —

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