Il cacciatorpediniere Audace sopra l’austriaco San Carlo

Nel 1918 la prima nave italiana approdò al molo sorto sul relitto del vascello
C’è un topos fisico, un luogo che più di tutti simboleggia quella rivoluzione avvenuta nel 1918 che ancora oggi nelle nostalgie e negli affetti spacca in due la città e che si voglia o meno ha caratterizzato tutte le sue successive trasformazioni e tribolazioni, economiche, sociali e politiche: è il molo Audace che attualmente si chiama così perchè come tutti sanno qui il 3 novembre 1918 approdò la prima nave militare italiana, il cacciatorpediniere Audace. Ma il suo nome originario, con il quale gli indipendentisti, e non solo, triestini continuano a chiamarlo è quello di molo San Carlo perché costruito sopra il relitto di un’antica nave, la San Carlo della Marina austriaca. Ancora oggi, a secoli di distanza tutte le nostre passeggiate, romantiche o disperate che siano, sul Molo San Carlo-Audace, sono possibili grazie a un vascello affondato sopra il quale è stata poi realizzata la banchina. Ma è veramente sopra un’imbarcazione austriaca che continuiamo a passeggiare? Proprio di recente un noto bibliotecario triestino dei nostri giorni, Stelio Zoratto, con certosine e appassionate ricerche non solo in Europa, ma anche Oltreoceano e non ancora concluse, è riuscito a ricostruire una storia dimenticata da secoli dagli stessi triestini, quella appunto della nave San Carlo.


Il primo elemento di svolta è arrivato dal “Register der kuk kriegschiffe”, sorta di almanacco di tutte le navi appartenute alla Marina militare austriaca realizzato appena una quindicina di anni fa da Vladimir Aichelburg. È qui che si scopre che la nave San Carlo affondata a Trieste nel 1734 passò in realtà di mano per ben sei volte cambiando la bellezza di cinque bandiere e ponendosi anch’essa dunque già come uno dei primi simboli del cosmopolitismo della città. Non era dunque nata come nave austriaca, e qui sta uno dei lati più sorprendenti della storia, bensì inglese e appartenente alla Royal Navy: è sopra un pezzetto d’Inghilterra dunque che sostanzialmente continuiamo a passeggiare senza minimamente sospettarlo. «Per l’esattezza – spiega Zoratto che dopo secoli ha ridefinito anche tutte le caratteristiche dell’imbarcazione – si trattava (ma forse si potrebbe dire “si tratta”) di un vascello di terzo rango, ma a tre ponti, quindi di particolare prestigio, secondo soltanto alle navi ammiraglie delle flotte dei vari Stati e risalente addirittura al diciassettesimo secolo». Un vascello lungo quasi 48 metri, munito di ben ottanta cannoni di varia gittata e il cui equipaggio era composto addirittura da cinquecento uomini.


La seconda delle fonti scoperte dal bibliotecario triestino porta ancra più lontano, a due autori anglosassoni, lo statunitense Tobias Philbin e l’inglese Richard Endsor con i quali Zoratto è anche entrato in contatto epistolare. Nel loro testo, “Warships for the king. Ann Wyatt (1658-1757) her life and her ships” si scopre che il vascello San Carlo era nato con il nome di Cumberland ed è stato appunto il vanto dei cantieri “Ann Wyatt shipbuilding” collocati a Bursledon, vicino a Southampton, nel Sud dell’Inghilterra. Fu la più costosa e grande nave costruita delle 27 lì realizzate su commissione dell’Ammiragliato di Londra. Particolare anch’esso rivoluzionario, la riscoperta che il cantiere inglese era guidato da una donna (e siamo addirittura alla fine del 1600!) e cioè Ann Wyatt che era affiancata da John Button.


La Cumberland viene dunque varata il 12 novembre 1695 e subito incomincia la sua storia tribolata, ma anche gloriosa, tale da farla apparire in una serie di dipinti che ritrassero alcune delle più sanguinose e note battaglie marittime degli inizi del diciottesimo secolo. Il 21 ottobre 1707 partecipa alla battaglia di Capo Lizard in Cornovaglia combattuta nell’ambito delle guerre di successione spagnole. Si scontrano due squadriglie francesi al comando di René Duguay-Trouin e Claude de Forbin ed un convoglio inglese protetto da una squadriglia al comando del commodoro Richard Edwards. La Francia riporta una vittoria completa: la Cumberland viene attaccata dalla Lys e dalla Gloire e con 200 uomini fuori combattimento deve arrendersi. La Francia la ingloba nella propria flotta con il vecchio nome, ma nel 1715 la vende ai genovesi che a propria volta, soltanto due anni dopo, cioè nel 1717, la girano agli Spagnoli che la rinominano “Principe de Asturias”. Passano pochi mesi e nel 1718 la Principe de Asturias è schierata dagli Spagnoli nella battaglia di Capo Passero, al largo della Sicilia sud-orientale. L’11 agosto si affrontano la flotta spagnola agli ordini del viceammiraglio Don Antonio de Gaztaneta e del contrammiraglio Don Fernando Chacon, e quella inglese agli ordini dell'ammiraglio sir George Byng, 1° visconte di Torrington. La flotta spagnola è costituita da 26 navi da guerra, due brulotti, quattro cannoniere, sette galere e numerose navi onerarie. Naviga in ordine sparso e la comparsa delle navi britanniche non è inizialmente percepita come una minaccia. La flotta spagnola si divide in due, le navi più piccole si dirigono verso la costa siciliana mentre le più grandi affrontano le navi inglesi appena queste si fanno avanti. La Hms Canterbury con la Hms Burford, la Hms Argyle e quattro altre navi inglesi vengono distaccate per dare la caccia al primo gruppo e ne catturano gran parte. Tra queste, nemesi storica che la fa tornare in mani inglesi, la Principe de Asturias che dapprima viene condotta a Porto Mahon sull’isola di Minorca assieme ad altre navi catturate che vengono demolite ma poi, nel 1720 viene infine venduta all’Austria. Soltanto a questo punto il vascello di terzo rango, dai tre ponti e dagli 80 cannoni e dalle molte vite viene chiamato San Carlos e ormeggiato a Napoli porto alleato degli Austriaci. La storia della San Carlo (come alla fine sarà chiamata perdendo anche la “s” finale) e già lunghissima, ma il suo ultimo capitolo, quello triestino, deve appena iniziare.


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