Il Cca festeggia 75 anni con Giani Stuparich votato alla cultura e all’italianità

Il 17 febbraio 1946 veniva inaugurato il Circolo della Cultura e delle Arti sotto il Gma Ospitò umanisti, scienziati, architetti di punta e definì i caratteri di una letteratura triestina 

TRIESTE Il 17 febbraio 1946 venne ufficialmente inaugurato il Circolo della Cultura e delle Arti. Era stato fortemente voluto da Giani Stuparich, che per definirne il profilo aveva riunito in un vasto comitato l'intellighenzia cittadina, e che fu eletto primo Presidente. Intendeva colmare il vuoto lasciato dalla chiusura di tante istituzioni cittadine nel periodo fascista; nonché difendere, al di là di qualsiasi orientamento politico, l'italianità di Trieste.

Cinque erano le sezioni originarie, Lettere, Arti, Musica, Scienze morali (storiche, filosofiche, giuridiche e sociali), Scienze matematiche e naturali. Erano gli anni in cui gli ospiti dovevano richiedere il "permesso di ingresso" per arrivare a Trieste, zona A amministrata dal Governo militare alleato. Era una situazione che nella sua provvisorietà era sentita come positiva, se in una nota del 1948 Marcello Mascherini, direttore della sezione Arti figurative, si rivolgeva agli amici per raccogliere opere d'arte, figurative, musicali, letterarie e d'artigianato per contraccambiare in modo simbolico i doni che il popolo americano faceva all'Italia.

Vennero invitati a Trieste i maggiori umanisti e scienziati italiani del tempo, dando vita a incontri, convegni, tavole rotonde, concerti. Particolarmente affollate erano le serate cinematografiche, a cura di una sesta sezione, Spettacolo, attiva fin dal 1947, il cui direttore, Callisto Cosulich, in una nota del 1949 ne spiegava audacemente il senso: «Hanno il compito di ospitare quei films, che, per una qualsiasi ragione, trovano vita difficile, se non impossibile sugli schermi normali, soggetti purtroppo al nostro insanabile provincialismo e, diciamolo pure, conformismo».

In una prospettiva di confronto con la realtà nazionale, venivano intanto organizzate diverse "Settimane", della Letteratura, in collaborazione con le principali case editrici, come Mondadori e Bompiani, o dell'Architettura e dell'Arte nell'arredamento navale. Arrivavano scrittori di fama internazionale, Ungaretti, Montale, Pasolini, Morante, Pratolini, Sciascia e tanti altri, compensati con cachet di tutto rispetto. Uno dei pochi dinieghi fu quello di Buzzati che, come pure Quarantotti Gambini, confessava di provare disagio a parlare in pubblico.

Biagio Marin, direttore della sezione Lettere, organizzò poi conferenze sulla Letteratura italiana contemporanea, per sondare il rapporto con quella triestina. Aderirono in molti, seppur con alcune rinunce, come quella di Enrico Falqui, perché un suo scritto su Svevo apparso sulla "Fiera letteraria" aveva suscitato proteste in città: il critico temeva dunque ulteriori polemiche.

Ernesto Nathan Rogers, invitato a parlare sul tema È davvero l'architettura moderna antidecorativa?, con esemplare understatement mandava invece non solo un suo curriculum ma quello dell'intero mitico studio milanese di Architetti BBPR.

Intanto il Circolo era pronto a definire i caratteri di una letteratura cittadina, pubblicando nel 1958 l'antologia Poeti e narratori triestini, a cura di Bruno Maier. Lo studioso rivendicava la piena autonomia della produzione triestina novecentesca da quella nazionale che, proprio grazie all'inquietudine morale espressa dai nostri autori, si ritrovava arricchita di tematiche espresse dall'anima complessa di queste terre. Nel marzo 1968 una rappresentanza del circolo fu ricevuta al Quirinale dal Presidente Saragat e il 2 giugno 1972 il Presidente Leone conferì al sodalizio il "Diploma di Prima Classe (Medaglia d'oro) per i benemeriti della Scuola, della Cultura e dell'Arte".

A maggior ragione dunque dispiace di non poter citare, per ragioni di spazio, le personalità cittadine, presidenti o direttori di sezione, che resero possibile questi ed altri riconoscimenti. Non mancarono di certo momenti difficili, dovuti soprattutto a motivi economici, superati grazie alla generosità di enti pubblici e privati, e, in un caso, a una sottoscrizione lanciata dal "Piccolo" che coinvolse l'intera città. Tuttavia il Circolo dalla sua sede originaria, il prestigioso ridotto del Verdi, nel 1977 dovette trasferirsi in via San Nicolò 7. Mentre il mondo intorno cambiava e si avviava a connettersi in rete, anche il Cca si apriva a una serie di rapporti con altre istituzioni culturali appartenenti all'intera macroregione, con le quali sono state e sono organizzate manifestazioni in comune.

Grazie alle sue sezioni, cui si sono aggiunte Cinematografia, Economia, Medicina, Musicologia, Relazioni internazionali e integrazione europea, è stato sempre possibile affrontare, con ospiti di rilievo, gli argomenti più attuali: nell'ultimo anno, ad esempio sul Covid e sulle problematiche apertesi con il referendum istituzionale. Fermo restando che l'attenzione al territorio e alle sue specificità non manca mai di coniugarsi con l'apertura a una prospettiva europeista; così come l'attenzione a un pubblico colto non impedisce di guardare a chi sta ancora formandosi come cittadino. Con il settantacinquesimo, nella sua nuova sede di via Besenghi 16 e con il suo presidente Sergio Cecovini, il Cca dedicherà una cura particolare agli alunni delle scuole superiori, con una serie di iniziative che permetteranno di dialogare su questioni da loro stessi sollevate. —
 

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