Il filosofo Paolo Facchi tra i suoi avi l’amante della monaca di Monza

la recensione
«Racconto quello che ricordo e il ricordo, si sa, funziona per conto suo, non si autoconferma con documenti». Inizia con un prologo nel cielo degli antenati l’autobiografia filosofica di Paolo Facchi, per più di trent’anni docente di Filosofia del linguaggio all’Università di Trieste. “Hostinato rigore” (Mimesis, pag. 281, euro 24) sarà presentato al Caffè San Marco il 29 giugno (ore 17.30) - e non oggi come già diffuso - da Aldo Castelpietra, Claudio Venza e dallo stesso autore. Si tratta di una sorta di memoriale che ci restituisce più percorsi tematici, esamina diverse realtà, pur appellandosi sempre alla memoria.
Inizia appunto dalla cosa più ovvia, dall’albero genealogico. E certo a ricordare il professore durante le sue ore di lezione, dal temperamento mite e dal tono pacato, non si sarebbe mai immaginato potesse vantare uno spettro di antenati così furiosi. A partire da Egidio Osio, personaggio diventato famoso per aver sedotto la ancora più famosa Monaca di Monza, nonché per aver stuprato e infine ucciso un paio di suore di clausura. Egidio venne impiccato per queste sue violenze seriali. Ma non è l’unico feroce di famiglia. Evitò la pena un altro antenato celebre, il generale conte Porro, nonno materno di Paolo Facchi. Responsabile insieme a Cadorna del macello di Caporetto, riuscì a cavarsela con un semplice licenziamento. L’autobiografia scorre in modo colloquiale tra i molti protagonisti della filosofia contemporanea, triestina e internazionale, naturalmente conosciuti di persona dall’autore. Dal suo maestro Antonio Banfi ad alcuni amici come Giorgio Galli, Chaim Perelman, Norberto Bobbio, Leo Longanesi, Joyce Lussu, Umberto Eco, Giovanni Sartori e molti altri, a tutti è riservato un cammeo. Umberto Eco, per esempio, viene descritto come un profilo ingombrante che scherzava pericolosamente con la menzogna. E nella rubrica del ricordo si evidenziano anche protagonisti della cultura filosofica triestina, come il docente Arduino Agnelli, scomparso nel 2004. Se Facchi ammette che il ricordo funziona per conto suo, «e non si autoconferma con documenti», la memoria di Agnelli vantava una forza granitica, su cui l’autore non risparmia toni un po’ taglienti: «Ha una memoria totale» scrive infatti. «Anche con me si era esercitato elencando i nomi dei professori dei licei di Trieste e anche i nomi dei calciatori della squadra locale. Ricordava quante volte Mussolini era stato in città e di quanti chilometri i vicini jugoslavi avevano lasciato che la sua automobile oltrepassasse il confine». —
Riproduzione riservata © Il Piccolo