Il gabbiano Jonathan Livingston continua a volare

Michele Hide è poeta milanese. Ha pubblicato diverse raccolte in versi tra cui l’ultima, “Il monte del ricordo”, edita da Stampa 2009, una delle migliori collane dedicate al genere. La nuova silloge qui raccolta si evolve in un ulteriore passo narrativo. Hide è poeta dalla voce limpida, chiara, non ama le iperboli, le metafore ardite. Prevale la tendenza a un racconto strutturalmente articolato, in cui il dato dell’immagine (anche autobiografica) ci restituisce una dimensione dove lo spazio (il corpo/paesaggio) include una consapevolezza affidata anche allo sguardo dell’altro. Ci sono momenti fermi in cui quello che siamo, che potremmo essere, che saremo, si può intuire nella trasparenza di un istante. È una voce che scompare per lasciare spazio al suo doppio: appesantito dalla vita, forse, “alimentato” dalla morte, la posta in gioco è addentrarsi con forza per abitare il significato delle affinità affettive più alte e della loro perdita. Se il corpo c’è e non c’è, se noi stessi abbiamo l’impressione di inghiottire alcune scene da cui siamo stati esclusi, ecco che la parola tenta di testimoniare la sua missione: essere nella vita, nelle sue radici e nei suoi desideri. Lo spaesamento ha però il dono della leggerezza. Non di meno noi siamo simboli di una lenta ma inesorabile trasformazione, di una adesione alla vita. E alla morte. Testimoni di un tempo e interpreti dell’impermanenza. Il suo consiglio: «Suggerisco “Jonathan Livingston Seagull (a story)” di Richard Bach. Essere Jonathan è l'unico modo che conosco di poter essere. Anche io come Richard Bach sono un pilota e il senso della quota che pervade ogni pagina – e le belle immagini fotografiche di Russell Munson nella rara vecchia edizione Harper Collins che possiedo – accompagna la lettura con una vibrazione per me unica, quasi tangibile. È importante perché è un monito costante a non sprofondare nella banalità, nell'assenza di tutto a cui opere come Jonathan Livingston ci sensibilizzano: come la vacuità, appunto, avvolga troppe menti».
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