Il genio di Manuzio l’editore moderno che inventò l’arte del libro perfetto

La modernità, secondo i dizionari, è l’indice, per lo più ben definito ed evidente, di una notevole consonanza con lo spirito e il gusto dei tempi attuali. Attuali, appunto. Eppure ci sono persone che con il loro lavoro, l’ingegno e le opere, portano il concetto di modernità in un’accezione senza tempo. Uno di questi è stato senza dubbio Aldo Manuzio, stampatore ed editore. Anzi, il primo vero editore della storia. Il libro come lo conosciamo oggi, i libri con cui abbiamo a che fare quotidianamente, persino quelli elettronici, derivano direttamente dal suo lavoro e ingegno. E dire che Aldo Manuzio visse tra il 1449 e il 1515, più di cinquecento anni fa. E operò a Venezia, culla del libro, dove inventò il carattere a stampa corsivo e il formato in ottavo, e dove promosse una serie di innovazioni nell’arte tipografica rimaste insuperate fino ai nostri giorni. Di più, Manuzio concepì per primo la lettura come piacere e passatempo, appannaggio non più solo degli eruditi, e trattò con gli autori e i tipografi seguendo gli stessi principi di diffusione della cultura - e magari facendo gli stessi errori - di un editore contemporaneo. Ancora, “Aldo Manuzio ha avuto l’accortezza di intuire il potere della promozione commerciale e, se non si temesse di esagerare nel dipingerlo a colori troppo brillanti, si potrebbe anche dire che è stato un autentico genio della vendita di se stesso e dei propri prodotti”. Insomma inventò anche il marketing.
A raccontarci la sua vita e la sua arte, con richezza di dettagli, aneddoti e particolari rivelatori, è adesso Alessandro Marzo Magno nel libro “L’inventore di libri. Aldo Manuzio, Venezia e il suo tempo” (Laterza, pagg. 208, euro 20), biografia che è anche uno spaccato di un’epoca e di un tempo che certo favorirono il fiorire di menti brillanti e capaci di proiettarsi nel futuro, ma che mette anche in luce qual è il segreto di un’eterna modernità: pensare al bene dell’uomo. Come faceva Manuzio, che, lo leggiamo già nella copertina del libro di Marzo Magno, aveva già le idee molto chiare su quale dovesse essere la sua missione, stampando e vendendo libri: “Diamo la speranza di tempi migliori grazie ai molti buoni libri che usciranno stampati e dai quali, ci auguriamo, sarà spazzata via una buona volta ogni barbarie”.
Marzo Magno, che al fiorire dei libri e alla sua Venezia ha già dedicato saggi di successo come “L’alba dei libri. Quando Venezia ha fatto leggere il mondo” (Garzanti 2012) si immerge nella vita di Manuzio con la chiarezza e il brio del narratore-divulgatore e la competenza che gli sono proprie, prendendo il lettore per mano e portandolo a conoscere Manuzio e il suo mondo, con i più grandi studiosi dell'epoca che orbitavano attorno a lui o godevano della sua amicizia, quali Erasmo da Rotterdam e Pietro Bembo. E lo fa scavando e ricostruendo episodi basilari di questa grande avventura, come la pubblicazione dell’”Hypnerotomachia Poliphili”, detto il Polifilo, il libro stampato nel 1499 e considerato il più bello, tipograficamente parlando, di ogni tempo, nonostante la modestia di un testo tanto eccentrico quanto in alcune parti ritenuto osceno. Eppure un “libro perfetto” ancora oggi capace di risvegliare gli appetiti dei collezionisti, tanto che una copia del Polifilo, ci ricorda Marzo Magno, è stata battuta all’asta da Christie’s a Londra nel 2013 per quasi 316mila dollari americani. Ancora, fu sempre Manuzio a inventare il libro formato tascabile, per consentire a chiunque di portarsi dietro, ovunque, il piacere di leggere. —
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