Il giornalismo secondo Pasolini Una lotta solitaria contro il fasullo

Marsilio pubblica una raccolta con gli interventi di autorevoli critici letterari che inquadrano l’impegno dello scrittore friulano nella carta stampata e non solo 



Gli “Scritti corsari” di Pier Paolo Pasolini, usciti in volume nel 1975 (l’anno stesso della morte dell’autore) è una sorta di summa del suo pensiero: un pensiero amaro e negativo, a partire dal quale, tuttavia, lo scrittore friulano cerca ancora una via di comunicazione con il pubblico. Come è noto, il libro raccoglie interventi giornalistici, usciti, per lo più sul “Corriere della Sera”, tra il 1973 e il 1975. Tuttavia Pasolini non era nuovo alla militanza giornalistica: sono centinaia i suoi articoli apparsi in diverse testate dagli anni ’50 in poi.

Sul significato di questa militanza pasoliniana viene ora pubblicato da Marsilio un libro dal titolo “Gettiamo il nostro corpo nella lotta. Il giornalismo di Pier Paolo Pasolini” (pp. 290, euro 25). Il volume raccoglie gli atti di un convegno celebratosi a Casarsa della Delizia, su iniziativa del Centro studi Pasolini, in due momenti, tra l’autunno del 2017 e la primavera del 2018. Tra i due appuntamenti era purtroppo scomparsa, per un male rapido e incurabile, Angela Felice, la direttrice del Centro studi, infaticabile animatrice di tante inziative dedicate al suo amato Pasolini, del quale è stata una delle massime esperte. Il suo nome compare come curatrice del volume accanto a quello di Luciano De Giusti, professore di Storia e semiologia del cinema all’Università di Trieste, al quale è toccato il compito di tirare le somme del lavoro.

Gli interventi sono firmati da autorevoli nomi della critica letteraria e del giornalismo: tra gli altri, Gian Paolo Borghello, Gian Carlo Ferretti, Elvio Guagnini, Raoul Kirchmayr, Filippo La Porta, Antonio Padellaro, Benedetta Tobagi, Anna Tonelli. Dall’insieme dei contributi emerge come l’attitudine giornalistica sia una vera e propria costante dell’impegno pasoliniano, anche quando - paradossalmente - l’autore si dedicava a generi di per sé lontani dal giornalismo in senso stretto. Roberto Chiesi, per esempio, parla di un «cinema giornalistico» a proposito di opere come “La rabbia” (1963) o “La forma della città” (1974).

«Giornalista in versi» è, per Massimo Raffaeli, Pasolini quando scrive la sua famosa poesia “Il Pci ai giovani!!”. Composta in occasione degli scontri fra gli attivisti che occupavano la Facoltà di Architettura di Roma e le forze dell’ordine, e destinata a destare grande scalpore, in essa lo scrittore prendeva posizione contro gli studenti e a favore dei poliziotti, poiché i primi erano «figli di papà», mentre i secondi erano figli del popolo, costretti dalla loro povertà a indossare la divisa. Insomma, giornalista nell’animo è Pasolini nella misura in cui, solitario e controcorrente, critica la vita e la cultura nazionale, scagliandosi contro tutto ciò che sente inautentico: il mondo borghese, il capitalismo e il neocapitalismo, la società di massa e il consumismo, l’omologazione, la televisione. —



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