Il micromondo di “Downsizing” apre la Mostra

Il film distopico di Alexander Payne con Matt Damon inaugura oggi il Festival che si annuncia già kolossal in tutto
VENEZIA. Dopo tanta attesa e due “anteprime” (una ufficiosa, l'epopea bellica di “Dunkirk” di Chris Nolan, proiettato all'Arsenale in una serata di tempesta; e una ufficiale, il muto “Rosita” di Lubitsch restaurato e proposto ieri sera in Darsena) prende finalmente il via questa sera, presenti il Capo dello Stato Sergio Mattarella e un nugolo di ministri capitanati dal sottosegretario Maria Elena Boschi, la 74° Mostra del cinema di Venezia. Un'edizione che si annuncia “kolossal” in tutto: per quantità di film, di sezioni, di luoghi, di sedi; ma anche per il dispiego mai visto prima di misure di sicurezza in ogni angolo, di agenti e militari, di barriere antiterrorismo e posti di blocco.


Per un curioso contrappasso, tuttavia, il festival dei grandi numeri si apre all'insegna delle dimensioni ridotte, anzi molto ridotte: pochi centimetri, per l'esattezza. A tanto infatti giunge l'altezza di un essere umano nel futuro distopico immaginato da Alexander Payne nel suo “Downsizing”, il film d'apertura con protagonista Matt Damon. Una scelta, quella di rimpicciolirsi, dettata dalla necessità di sfruttare al meglio le risorse sempre meno disponibili e sempre più erose del pianeta: perché – ovvio – meno spazio occupi, meno consumi.


Il regista americano è noto per il suo tocco agrodolce, satirico e graffiante, ma mai pesante, anzi caratterizzato da una costante vena umoristica (“Sideways”, “A proposito di Schmidt”, “Paradiso amaro”) con cui racconta le contraddizioni, i vizi e virtù della middle class. Eppure l'argomento affrontato, quello della miniaturizzazione corporea (o del fenomeno ad essa speculare, l'ingigantimento) è una delle ossessioni ricorrenti della narrativa e della cinematografia fantastiche.


Anche senza scomodare illustri precedenti letterari come l'”Alice nel paese delle meraviglie” di Lewis Carroll o “I viaggi di Gulliver” di Jonathan Swift, basterebbe risalire al 1956, anno in cui fu pubblicato “The incredible shrinking man” (nell'edizione Urania nel '62 “Tre millimetri al giorno”) di Richard Matheson, sommo maestro del genere: la storia di un uomo che colpito da una nube radioattiva comincia a “ridursi” progressivamente sino a dover affrontare lo spettro terribile della propria letterale scomparsa. Il tema del viaggio nell'infinitesimale (già presente nel racconto del 1919 “La ragazza nell'atomo d'oro” di Ray Cummings), non poteva non attrarre il cinema, che infatti l'anno dopo vide uscire “Radiazioni BX: distruzione uomo” di Jack Arnold, su sceneggiatura dello stesso Matheson; virata in commedia e al femminile, la trama sarà anche ripresa nell'81 da Joel Schumacher al suo debutto nella regia con “The incredible shrinking woman”: e che nella vicenda si potessero scorgere anche venature comiche o paradossali lo avrebbe poi dimostrato, nell'89, la fortuna di un film come “Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi”, diretto dall'esperto di effetti speciali Joe Johnston e apripista di vari seguiti più una serie televisiva.


Più seriamente, la miniaturizzazione diventa metodo terapeutico e insieme impresa degna di Jules Verne in “Viaggio allucinante”, 1966, di Richard Fleischer, tratto da un racconto di Otto Klement e Jerome Bixby, succesivamente anche oggetto di un romanzo del maestro Isaac Asimov.


Confermando che in una “società corpocentrica” qual è la nostra, lo smarrimento delle coordinate centrali del nostro esistere materiale (peso e altezza) è una maledizione, un incubo ricorrente che l'uomo cerca continuamente di esorcizzare.


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