«Il mio Flauto Magico è tutto un gioco»

TRIESTE. «Volevo fare a Trieste un progetto che avesse una freschezza estetica e concettuale. E ho subito pensato a una storia di bambini, come nel film “Toy Story” in cui i giocattoli prendono vita», afferma Valentina Carrasco. Con la sua regia andrà in scena al Teatro Verdi, venerdì alle 20.30, “Die Zauberflöte (Il flauto magico)” di Wolfgang Amadeus Mozart, in lingua originale con sopratitoli in italiano e inglese. Nuovo allestimento della Fondazione lirica triestina, in collaborazione con Sawakami Opera Foundation, vedrà sul podio Pedro Halffter Caro. Le scene sono Carles Berga, i costumi di Nidia Tusal e le luci di Peter van Praet. Sarastro, gran sacerdote del Regno della Saggezza, è affidato a Petar Naydenov. Merto Sungu, in alternanza con Vassilis Kavayas, darà voce a Tamino. Elena Galitskaya sarà Pamina, con Lucrezia Drei. La Regina della Notte è cantata da Katharina Melnikova, con Olga Dyadiv. Nel ruolo di Papageno si avvicenderanno Peter Kellner e Dario Giorgelè. Lina Johnson sarà Papagena e Motoharu Takei avrà il ruolo di Monostatos. Completano il cast: Horst Lamnek, Rinako Hara, Patrizia Angileri, Isabel De Paoli, Giuliano Pelizon, Francesco Paccorini, Elena Boscarol, Simonetta Cavalli, Vania Soldan. Lo spettacolo si replica fino al 22 gennaio.
Nata a Buenos Aires, Valentina Carrasco ha studiato musica, danza, letteratura e tecniche cinematografiche. E dal 2000 collabora con la compagnia spagnola La Fura dels Baus. Nel 2009 ha messo in scena “Le Grand Macabre” di György Ligetis a Roma, che ha ricevuto molti premi. L’anno scorso ha debuttato alla Royal Opera di Londra con “Oedipe” di George Enescu, poi rappresentata anche a Bruxelles e a Buenos Aires, e nel 2014 ha diretto a Lione “The Turn of the screw”, che ha avuto grande risonanza in Italia».
«L’idea è stata di giocare con il linguaggio dei giocattoli, - spiega la regista - creando una casa di bambole. Così ho cominciato a esplorare l’aspetto simbolistico del “Flauto magico”. Nell’opera si menzionano più volte Isis e Osiris, che incarnano la dualità così presente nel libretto: femminile-maschile, notte-giorno, luna-sole. Io vedo queste divinità come dei bambini che giocano con i personaggi, con il destino delle vite umane, perché la storia ha dei risvolti quasi capricciosi. Mozart è un genio nel gestire le emozioni umane, lui non giudica i personaggi, è come se dicesse: “Noi uomini siamo così, abbiamo questi difetti, questi problemi”. C’è il potere dell’amore, il potere dell’amicizia e il potere della musica, da cui viene la redenzione finale, la ritrovata armonia».
Nelle note di regia lei afferma di aver voluto dare rilievo alle traversie famigliari. In che senso?
«Accade molto spesso, quando si fa una regia del “Flauto magico”, di far apparire la figura di Sarastro, che è l’uomo saggio, ragionevole, come la figura positiva dell’opera. Invece la Regina della Notte è la cattiva, quella che agisce solo per distruggere Sarastro. Normalmente viene tagliata la parte dei dialoghi in cui la Regina della Notte spiega a sua figlia Pamina cos’era successo dopo la morte del padre. Questi, morendo, aveva deciso di lasciare il castello e tutte le sue eredità alla moglie e alla figlia, dando invece il Cerchio del Sole, di cui era il detentore, all’amico Sarastro e agli Iniziati. Entrato in possesso di questo medaglione che gli dava il potere assoluto su tutto, Sarastro rapì Pamina per toglierla alla Regina della Notte».
E cosa avviene poi?
«La Regina riesce a penetrare nel luogo dove è tenuta Pamina, a lei proibito, e chiede alla figlia di uccidere Sarastro. Perché Sarastro sembra paterno verso Pamina, ma non le concede la libertà. La Regina della Notte è una madre disperata che ha perso la sua bambina, ed è disposta a tutto, anche al crimine, pur di riunirsi a lei. È un po’ questa la vera origine del conflitto presente nell’opera».
Da molti anni lei lavora con La Fura dels Baus. Cosa le piace di questa compagnia?
«Il fatto che, essendo un collettivo, si lavora a partire da un caos creativo. Ci mettiamo sempre attorno a un tavolo e buttiamo giù le idee. Facciamo, come si suol dire, “brainstorming” finché ognuno trova lo spunto per dare allo spettacolo qualcosa di diverso. All’inizio facevo i video per i loro spettacoli, poi ho elaborato la questione musicale e drammaturgica, perché loro sono molto visuali, intuitivi».
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