Il regime di nonna Margherita nella casa tedesca per rifugiati a protezione del fragile nipotino

Una nonna rompiscatole. Proprio tanto. Una donna testarda, una matriarca tutta d'un pezzo che lascia l'Unione Sovietica per trasferirsi in Germania alla ricerca di una vita migliore per lei, suo marito, e il nipotino di sei anni. La loro casa è una residenza per rifugiati, dove nonna Margarita ha dato vita a un personale regime del terrore. Quando non è occupata a inveire contro il sistema scolastico o medico tedesco, contro i dolci locali e gli altri esseri umani con le loro usanze e religioni, cerca di proteggere l'amato nipote dai microbi e dalle influenze del mondo esterno. Con questo gran daffare però è l'ultima ad accorgersi che suo marito si è innamorato di un'altra. E uno pensa: ben le sta. Ma per quanto “Margo” possa risultare odiosa, è proprio la sua personale battaglia contro il mondo intero a renderla simpatica, addirittura spassosa. Certo, c'è da benedire il Cielo che sia una nonna di carta...
Questa indimenticabile, indomabile e terribile ex ballerina dalla lunga treccia rossa è la star de “La treccia della nonna” di Alina Bronsky (Keller editore, pagg. 210, 16 euro), autrice russa che ora vive a Berlino e che alle nonnine terribili ha già dedicato - nel 2012 - “I piatti più piccanti della cucina tatara”. Perché i cattivi attraggono, si sentono al centro del mondo e non lo temono.
La protagonista di questo romanzo è così: crede sempre di agire per il meglio. E invece manipola gli altri, non si ferma davanti a nulla. Mette la propria smisurata energia al servizio solo di se stessa e del suo interesse. Che però è quello della sua famiglia a cui lei tiene, eccome. Sbaglia i modi, sbaglia i tempi, sbaglia le parole. Però tutto ciò che fa, è per loro. E quindi, come si fa a non nutrire almeno un minimo di simpatia? Dopotutto, suo marito Cingiz e suo nipote Max le vogliono bene. Nonostante tutto. Come ad esempio le sue manie per la pulizia. “Cos'hai in mano? Un orsetto gommoso? Ma non li vedi i bacilli attaccati sopra?”. O la sua convinzione che solo un miracolo possa far arrivare all'età adulta il nipotino, e quindi lo prepara alla dipartita anche nel giorno del suo compleanno. “Questa torta è deliziosa, ma non ti sembra che il tuo pancreas abbia già sofferto abbastanza? Cibi del genere sono per le persone normali. La stai già mangiando con gli occhi, che è molto più salutare. E vediamo se te la cavi anche l'anno prossimo”.
Il primo giorno di scuola la colazione viene servita alle sei, “perché così puoi digerire con calma. A scuola non puoi andare in bagno, è pieno di germi”. Margarita battaglia con il preside per sistemarsi tra i banchi, in classe: “Da solo non ce la fa”. Sulla prima foto di classe contrassegna i bimbi “sospetti”: “I turchi sono dei selvaggi. Non fidarti dei cinesi, non vogliono che tu sia migliore di loro e ti mentiranno”. Il cibo? Freddo (bisogna evitare le ustioni), solo pappa di avena e crema di riso. Povero nipotino: niente amici e niente hobby, gli prosciugano le energie. Persino il gelato è tabù, ed è strepitoso il racconto di Max che all'improvviso, finalmente non a dieta forzata, con il suo cono e senza salvietta disinfettante, lo divora e addirittura si lecca le dita. “E poi finalmente sarei morto stecchito”.
Eppure sono gli occhi di Max a notare che il nonno, taciturno e paziente, ha perso la testa per la vicina, Nina. E quando Nina dà alla luce un bimbo che è la fotocopia di Cingiz, beh, per tutti sarebbe l'inizio della fine, ma per Max e i suoi nonni invece è l'inizio di qualcosa di insolito, tenero, toccante.
Questo libro si divora, si inizia e si finisce tra risate e sorrisi, è un perfetto antidepressivo. E siccome non finisce ma semplicemente fotografa un istante di questa famiglia così scombinata, c'è la speranza che ci possa essere un seguito. Perché la curiosità di sapere cosa succede “dopo”, è tanta. E se un libro ci lascia appesi alla voglia di un bis, allora ha centrato il bersaglio. —
Riproduzione riservata © Il Piccolo