Il ruggito di Paolo Restuccia in una Trieste tinta di noir

di Alessandro Mezzena Lona
Trieste sembrava un ricordo lontano. Sepolto negli anni Ottanta. Tra una pensioncina dispersa nel geometrico labirinto del Borgo Teresiano, le raffiche rabbiose di bora, il fascino tranquillo del mare. Anche perchè, nel frattempo, Paolo Restuccia è diventato un personaggio assai popolare nel mondo della radio. Conduttore di “3131” prima, autore di programmi come “Buona domenica”. Soprattutto regista dal 1995 di una trasmissione di culto come “Il ruggito del coniglio” di Radio2 Rai. Dove si è guadagnato il soprannome di The Genius.
Invece, quel ricordo lontano è diventato una storia. Un romanzo ambientato proprio a Trieste. Si intitola “Io sono Kurt”, arriva nelle librerie giovedì pubblicato da Fazi Editore (pagg. 270, euro 16) nella nuova collana Darkside. E rivela il lato oscuro di un uomo solare come Paolo Restuccia, che insieme a Enrico Valenzi ha fondato a Roma la Scuola di scrittura Omero. E che nel suo percorso di autore può già contare il manuale “La palestra dello scrittore, le parole e la forma” e un altro romanzo, uscito nel 2014, intitolato “La strategia del tango”.
Trieste, in questo libro, non è il solito scenario preso a prestito per ambientarci una storia qualunque. No, la città è senza ombra di dubbio la co-protagonista di “Io sono Kurt”. Con la ragnatela di stanze, corridoi, anfratti equivoci e misteriosi della Pensione Ghega, con le atmosfere dove il passato e il presente sembrano capaci di coabitare in una simbiosi malata, con l’apparire e lo scomparire di personaggi e miraggi che galleggiano tra il sogno e la realtà. E non è a caso se Andrea Brighi, popolare come dj tra il popolo di nottambuli che frequenta il Blue Flash di Roma, decide di deviare verso Trieste quando dovrebbe andarsene in Svizzera a depositare un bel po’ di quattrini. Il denaro che Tiziano, fratello di sua moglie, che indossa scarpe di coccodrillo come sfacciato simbolo di ricchezza, gli ha affidato da versare su un conto corrente truccato. Impossibile da smascherare, visto che è intestato a un’associazione benefica che fa capo alle suore.
Quando Kurt si trova lanciato sull’asfalto dell’autostrada, al buio, mentre fuori piove e “Rain” di Ryuichi Sakamoto sembra la colonna sonora perfetta, a un tratto davanti a lui compare una Mercedes blu. Al volante riconosce una sua vecchia conoscenza: Stefano Zanchi. Quello che tutti conoscevano come Diavolo Biondo quando Andrea faceva il dj per Radio Punto Nord a Trieste. Il problema è che quell’uomo gli deve un bel po’ di milioni. Soldi che Brighi vorrebbe recuperare, anche se dal punto di vista economico se la passa piuttosto bene. Grazie a quello squalo del cognato.
Così Kurt va fuori rotta. Abbandona la strada per la Svizzera e si lancia all’inseguimento del suo amato-odiato Diavolo. Ma quando arriva a Trieste, oltre a capire presto che non riuscirà a rimettersi in contatto facilmente con il boss di Radio Punto Nord, si ritrova a rivivere nella Pensione Ghega un passato pieno di storie che aveva seppellito dentro il pozzo nero dei suoi ricordi. Come l’avventura con Anna, fatta di sesso, allegria, pensieri in libertà. Che si era inabissata in un intruglio di gelosia e incomprensioni quando Kurt aveva scoperto che la ragazza se la faceva con Stefano Zanchi. E che il DIavolo era riuscito a piegarla a turpi desideri, convincendola a trasformarsi nella sua schiava.
E se il passato brucia la pelle di Andrea Brighi come un rivolo di vetriolo, il presente non aiuta certo a regalargli tranquillità. Sarà Svitlana, una delle misteriose ospiti di quel luna park umano che è la Pensione Ghega, a rivelargli la presenza di un misterioso inquilino. Qualcuno che vive nella penombra, che spia le persone dai corridoi senza fine, che entra nelle stanze senza bussare. E che lì dentro tutti, puttane e clienti, viaggiatori di passaggio e ragazze in fuga, cercano accuratamente di evitare.
Quando dalla stanza di Kurt sparisce la borsa con i soldi che doveva portare in Svizzera, la storia subisce un’accelerazione violenta. E Paolo Restuccia è bravo a tenere in strada, a non lasciar deragliare questo noir dal finale sorprendente. Imponendo al racconto un ritmo implacabile, che sa far convivere una scrittura limpida e precisa con lo scandire della musica. Dove canzoni famose e non diventano metronomo ossessivo e malinconico nell’avventura umana di Kurt.
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