Il sensibile giovane “dell’anima” che fece della pittura la sua vita

Nato in via Caccia nel 1901 frequentò l’Accademia di Belle Arti di Venezia e tenne la sua prima personale nella prestigiosa Ca’ Pesaro



Trieste, 31 ottobre 1901: nasce a Trieste, in un contesto di grande povertà, un artista d’eccezione dal nome speciale, Dyalma Stultus. Dyalma è – come ricorda la figlia Nada - termine indiano che significa “dell’anima” mentre Stultus, cognome piuttosto diffuso nei paesi baltici, era invece quello della mamma perchè lei, Erminia, - come racconta Marina Petronio in uno dei suoi libri sul pittore - lo aveva avuto da Ralph Pacor, rampollo di una ricca famiglia triestina.

Ma i due genitori erano giovanissimi e la famiglia di lui si era opposta al matrimonio, così, nonostante la legge asburgica consentisse alla madre e al bambino di prendere il cognome paterno, Erminia non aveva voluto. E allo stesso modo il figlio avrebbe rifiutato più tardi l’eredità paterna.

Inizia così, in via Caccia, l’esistenza di uno dei più talentuosi artisti del ‘900 triestino, che sarebbe stato ben presto noto a livello nazionale e internazionale. Di animo molto sensibile, nella prima gioventù Dyalma era molto irrequieto e perse qualche anno di scuola, ma, quando scoprì la pittura e la scultura, si riprese. E a 17 anni, dopo aver frequentato la Kunstgewerbeschule (oggi l’Istituto “Volta”), che aveva formato, sotto la guida, tra gli altri, di pittori del calibro di Eugenio Scomparini, molti artisti triestini, s’iscrive, grazie a una borsa di studio del Comune di Trieste, all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove nel ’21 si diploma in ornato e decorazione sotto la guida di Ettore Tito e Augusto Sézanne. E l’anno successivo allestisce nella prestigiosa sede veneziana di Ca’ Pesaro, la sua prima mostra personale sotto l’egida del noto critico Nino Barbantini, mentre un’altra voce importante, quella di Silvio Benco, ne promuoverà l’opera, presentandolo nel ’32 in una personale alla Galleria Milano di Milano, dopo un decennio di esposizioni in numerosissime città italiane e straniere.

Nel frattempo Dyalma, temperamento dolce ma forte e preciso, si era conquistato la stima del principe Alessandro della Torre e Tasso, per il quale aveva arredato e decorato alcune parti del Castello di Duino. E, nonostante la forte differenza d’età – il nobile era sessantenne, Stultus 25enne - il principe si rivolgeva all’artista chiamandolo con grande deferenza “professore”, come appare nelle numerose lettere a lui rivolte, attualmente presenti nell’Archivio di Stato di Trieste accanto a circa tremila documenti, foto e libri dell’Archivio fiorentino del pittore, donato dalle figlie nel 2011.

Altro committente di grande prestigio fu poi a Trieste la famiglia Veneziani – quella delle vernici, alla quale si era imparentato Svevo sposando Livia – per le cui feste Dyalma creò molte scenografie e le decorazioni.

Dal 1930 espone alla Biennale di Venezia, cui parteciperà anche nel ’32 e nel ’34 e, con due personali, nel ’36 e ’42. È presente poi, sempre su invito, a varie Quadriennali romane, a importanti concorsi e rassegne nelle principali città italiane ed estere (Barcellona, Baltimora, Budapest, New York), a tutte le mostre del Sindacato Artisti di Trieste e sue opere si trovano in prestigiose collezioni di vari paesi.

Nel ’41 si trasferisce a Firenze, la città della moglie, la bellissima Norma Aquilani la sua musa che per lui, maggiore di 14 anni e uomo di grande bellezza, abbandonò una promettente carriera di disegnatrice.

Dyalma muore improvvisamente il 24 settembre 1977 in casa della figlia Selma, a Darfo (Brescia). Norma è a Ischia e la notte sogna che dalla sommità di una collina si stacca un filo spinato incandescente che rotola giù per la china, passando accanto ai suoi piedi, prima di sprofondare in mare, mandando scintille. Si chiudeva così una vita vissuta all’insegna dell’amore, dell’arte e della bellezza, che oggi continua attraverso le figlie Selma, Marina e Nada. —



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