Il tunnel nel cuore della montagna porta a scavare dentro sé stessi

Ognuno di noi prima o poi deve affrontare il passaggio attraverso un tunnel, lo scavo profondo dentro la propria vita, un passaggio che può rilevarsi necessario per approdare a nuove consapevolezze e a una nuova esistenza. Dopo la storia della prostituta Caterina nell’esordio “La felicità sta in un altro posto” (Rizzoli), romanzo che muove le sue trame a partire dal terremoto di Reggio Calabria del 1908, Sara Loffredi trova ancora ispirazione nell’anima della terra e delle rocce con un libro che dimostra grane maturità narrativa, “Fronte di scavo” (Einaudi, pagg. 150, euro 17,50).
Siamo fra il 1961 e il ’62, gli anni dell’ultima tranche di lavori nello scavo del traforo del Monte Bianco. Ettore, ingegnere che ha al suo attivo i progetti d diverse gallerie, fra “semplici scavi stradali o ferroviari”, viene spedito al cantiere de versante italiano per seguire le ultime fasi dello scavo. Italiani da una parte, francesi dall’altra, procedono nel ventre della “Regina Bianca” scavando oltre cinquemila metri di roccia a testa per congiungersi quasi al cento della montagna dopo quarantaquattro mesi di lavoro. In questa corsa sotterranea moriranno ventitré uomini, quattordici operai addetti al cantiere italiano, sette addetti a quello francese, oltre a due guide alpine scomparse durante le attività preliminari di triangolazione.
Arrivato al fronte di scavo, Ettore trova una realtà che lo impegnerà anima e corpo, e alla fine cambierà la sua vita. Qui conosce il capocantiere, Hervé, un uomo rude e forte come il monte che li sovrasta. Fra i due nasce un virile sodalizio, rafforzato dalle escursioni fra i boschi e in quota durante il tempo libero. Ettore, uomo di città, pian piano impara ad amare e conoscere la montagna, a sentirne il respiro, a entrare in empatia con i suoi personaggi. Come Samiel, una rabeilleur, una specie di silenzioso e burbero guaritore che vive isolato in una baita e che cura non solo slogature e ossa rotte ma anche l’anima di chi va da lui. E poi c’è Nina, ex infermiera, separata e con un figlio piccolo, impiegata alla mensa del cantiere. Ognuno di questi personaggi ha una frattura nel suo passato. Nel caso di Ettore è fratello malato e un amore adolescenziale carico di dolore, con la conseguenza di un aborto per la sua fidanzata. Per Nina è un amore fallito che l’ha costretta a cambiare vita.
Mentre lo scavo procede nel cuore della montagna, tra difficoltà, incidenti, sacrifici e fatica, l’intreccio dei sentimenti fra Ettore, Nina ed Hervé si avviluppa rischiando di incrinare i rapporti. Ma la legge della montagna sovrasta ogni cosa, come un destino che tutta una nazione attende il compimento, e Sara Loffredi porta il lettore con mano sicura nel ventre del tunnel, seguendo il lavoro degli operai, la lotta contro l’acqua, contro le frane, le valanghe, la roccia che sembra voler fare dispetto a ogni metro. Fino alla data fatidica, il 14 luglio 1962, quando cade l’ultimo diaframma e gli operai italiani e francesi si abbracciano nello sventolio dei rispettivi tricolori sotto gli occhi del mondo. E la rottura di quell’ultimo diaframma di roccia segnerà un nuovo percorso anche per Ettore, Nina ed Hervé.
Con “Fronte di scavo” Sara Loffredi ci dà un racconto di grande qualità espressiva, dove la fragilità dei sentimenti sposa la materialità della roccia. Unendo con perfetta sincronia cronaca storica e metafora romanzesca, l’autrice traccia il ritratto di un’Italia che lotta per trovare una luce dopo gli anni bui della guerra, e segue l’analogo percorso nelle profondità di anima alla ricerca di un’altra occasione. —
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