In quelle pagine c’è la memoria dell’intera città

TRIESTE Sarà capitato a chi frequenta, anche saltuariamente, una biblioteca cittadina di vedere qualche persona assorta nella lettura di una raccolta rilegata de "Il Piccolo". Per certi aspetti è la lettura preferita di quanti si occupano della storia di Trieste. Spesso è il punto partenza di successive e più approfondite ricerche oppure il luogo in cui si soddisfano non insignificanti curiosità. E dalle condizioni di quelle pagine, spesso ingiallite e stropicciate per il troppo uso, si comprende bene quali epoche storiche appassionano ancora: gli anni delle guerre mondiali, del difficile secondo dopoguerra principalmente. Non solo "Il Piccolo", va detto, ma anche gli altri quotidiani d'epoca, perché una comparazione non guasta mai.
Ci si sposta in caffè in un bar e il quotidiano, fresco di stampa, è altrettanto consultato. Prima ancora delle pagine di cronaca locale, il lettore non necessariamente attempato - ma il fatto è rilevante - passa direttamente a due pagine cruciali: i necrologi e le Segnalazioni. Sono il passato e il presente all'interno di un giornale-clessidra che riversa la sua sabbia di parole nell'ampolla del tempo. Chi c'era e non c'è più, con una punta di rammarico meravigliato, e chi ritiene che il quotidiano non sia soltanto cronaca e commento ma anche dialogo tra i cittadini e soprattutto appunto alla vita pubblica. Una partecipazione diretta che ha anticipato di molto forme di comunicazione e di interlocuzione che oggi sembrano indispensabili. Si badi, non lettere al direttore, ma ai lettori, quindi a tutti.
Penso che il giovane Teodoro Mayer, quando nell'inverno del 1881 decise di intraprendere la sua impresa, pensava a tutt'altro e in primo luogo dare spazio alle inserzioni commerciali, quale fonte di sopravvivenza, sullo stile dei quotidiani britannici, quale vetrina di un mondo che qui a Trieste si stava affacciando alla modernità, al dinamismo di un'economia in libera uscita in cui anche il piccolo imprenditore può contare come il grande.
"Il Piccolo" che di storie ne ha passate tante da quel 1881,
Ha sempre assolto il ruolo di osservatorio internazionale proteso alla Mitteleuropa, alle aree balcaniche e del Mediterraneo levantino, pure interpretando in passato la spinta imperialista italiana. Lo è stato anche quando perfino i confinati a Ventotene, per dire Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, non disdegnavano la sua lettura per comprendere meglio che altrove cosa succedeva in quella porzione d'Europa. E lo è ancora, per una continuità di funzione e di ruolo.
Si potrebbe poi dire delle sua pagine culturali la cui attualità è rimasta immutata fin dai tempi in cui una recensione su "Il Piccolo", fosse essa per opere letterarie, teatro o musica, era attesa con trepidazione da autori e interpreti e commentata con attenzione. Si potrà scivolare nella nostalgia della cultura che fu, ma godiamoci ora questa opportunità di poter rileggere questo giornale. Perché rileggere è pure un buon esercizio per la memoria. Che non guasta.
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