Inquietudini di Comodin sulla Croisette

Il regista di San Vito alla Semaine con “I tempi felici verranno presto”: «Un film che nasce dal Friuli»
Di Beatrice Fiorentino
Una foto di scena del film 'I tempi felici verranno presto' di Alessandro Comodin, che passa alla Semaine de la Critique del Festival di Cannes, 13 maggio 2016. ANSA/ MOVIPLAYER +++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING +++
Una foto di scena del film 'I tempi felici verranno presto' di Alessandro Comodin, che passa alla Semaine de la Critique del Festival di Cannes, 13 maggio 2016. ANSA/ MOVIPLAYER +++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING +++

CANNES. Ancora Nordest, ancora Friuli Venezia Giulia a Cannes 2016. Dopo la serata tutta triestina, con Thanos Anastopoulos e Davide Del Degan e il documentario "L'ultima spiaggia", è il momento di Alessandro Comodin da San Vito al Tagliamento. Il suo nuovo film "I tempi felici verranno presto", prodotto dalla Okta Film (che ha sede a Trieste) e Shellac Sud con Rai Cinema, viene presentato oggi alla Semaine de la Critique, fuori concorso, tra le Séances Spéciales.

Quella di Comodin è una storia dal fascino arcaico, narrativamente anarchica, sviluppata su più piani temporali e diverse dimensioni, tra il reale e il fantastico. Immerso nella natura, com'era anche il precedente "L'estate di Giacomo" (Pardo d'Oro a Locarno nel 2011 nella sezione Cineasti del presente), girato tra boschi e fiumi del Piemonte, la regia punta molto sulla fisicità degli attori, in assonante rapporto con i tratti più aspri dell'ambiente, e sull'uso di forti elementi simbolici: il bosco, l'acqua, l'oscurità, il lupo, la prigione.

A parole non è semplice. C'è un prologo al passato, presumibilmente ambientato sul finire della Seconda guerra mondiale, durante la Resistenza. Protagonisti due giovani, Tommaso e Arturo, che corrono nei boschi trovando inaspettatamente la morte. E poi un racconto al presente, diviso però tra leggenda e realtà. Protagonista Ariane, una giovane che trova nel bosco abitato dai lupi un buco misterioso e vi si addentra. Ciò che accade dopo è soggetto a interpretazione e Comodin demanda allo spettatore il compito di elaborarne il significato.

Alessandro Comodin, lei è un autore friulano ma anche un po' francese visto che ormai vive qui da diversi anni. Cosa c'è di friulano e cosa di francese nel suo film?

«Di friulano tutto. È un film che nasce dalla mia terra, da quelle ambientazioni, dalle storie di paese. Ho cercato di ritrovare le sensazioni che vivevo da piccolo quando mi venivano raccontate delle storie, mantenendo anche quella mancanza di razionalità per cui si faticava a distinguere ciò che era vero e ciò che era leggenda. Di francese poco. Magari qualche suggestione mi arriva dall'aver visto dei film, ma non solo film francesi. Hanno influenzato il mio modo di fare film anche Rossellini, Nemec, Rocha».

Perché questo titolo?

«Un mio amico ha pronunciato questa frase e mi è sembrata perfettamente calzante all'idea del film. Che è anche un po' politica. Perché il titolo è ovviamente ironico, implica che la nostra epoca non sia delle migliori, ma sembra anche la frase di un genitore che vuole tranquillizzare il figlio: "Vedrai che andrà tutto bene"».

In che senso è anche un film politico?

«Io non faccio film politici se non, come si diceva un tempo, nel gesto politico del fare cinema. Ma questo racconto è una variazione sul tema della fuga, un istinto che porta a voler rompere con le coercizioni sociali. La fuga è il mio modo di reagire al mondo. Passo la vita a nascondermi, a trovare rifugio negli amici, a cercare la mia libertà. Mi sento in conflitto con la società. E il film mi somiglia».

Il film sarà distribuito?

«Sì, c'è già un distributore anche per l'Italia».

Non è un film semplice. A chi è rivolto?

«A tutti. Certo, ho un po' paura perché è un film inquieto. Come lo sono io».

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