Irene Cao: «Adesso ritorno alla cultura ma in televisione»

di Alessandro Mezzena Lona
Un fatto è certo: con la sua trilogia erotica ha venduto oltre 400 mila coppie solo in Italia. Ma Irene Cao non è tipo da lasciarsi ingabbiare dentro un cliché. Tanto per dire, sta lavorando a un progetto culturale che la farà debuttare in tivù. Segretissimo, per il momento. E poi? Sogna di rompere le catene, di allontanarsi dall’eros provando a scrivere qualcos’altro. Magari un giallo. E intanto? Stupisce tutti sfrecciando in bici da corsa quando non fa troppoo freddo, sulle strade della Pedemontana.
Se non bastasse, Irene Cao (nella foto a lato di Giuli Barbieri) si prepara a tornare in cattedra. Sì, perché lei, in fondo, arriva da quel mondo lì. Dall’università, dalla scuola. Laureata in Lettere classiche a Venezia, con un dottorato di ricerca in Storia antica, per un po’ ha insegnato al liceo. Prima di diventare un’autrice di best seller con la trilogia “Io ti guardo”, “Io ti sento”, “Io ti voglio” pubblicata da Rizzoli. E dal 31 gennaio al 22 febbraio farà parte dello staff di scrittori-docenti di Pordenonescrive, la scuola di scrittura avviata da Pordenonelegge. Al fianco di Gian Mario Villalta e Alberto Garlini, per parlare di letteratura di genere ci saranno anche Tullio Avoledo, Laura Pagliara, Andrea Maggi, Gianni Zanolin e Fulvio Ervas.
Le iscrizioni, che si sono aperte il 26 novembre, proseguiranno fino al 16 gennaio 2015 (mail fondazione@pordenonelegge.it seguendo le indicazioni che si possono consultare sul sito www.pordenonelegge.it. Per informazioni 0434.381605).
Si può imparare a scrivere? Lo abbiamo chiesto a Irene Cao, che è arrivata al successo pur vivendo a Caneva, in quell’angolino di Friuli che si sente quasi più Veneto. L’estate scorsa, la scrittrice ha replicato il successo della trilogia erotica con un dittico di romanzi, come lo chiama lei: “Per tutti gli sbagli” e “Per tutto l’amore”, pubblicati sempre da Rizzoli.
«A me nessuno ha insegnato a scrivere - dice Irene Cao -. Non ho frequentato scuole, non ho avuto maestri. Ho imparato dai libri. Credo che tutti dovremmo leggere molto. E chi vuole, poi, provare a scrivere delle storie sue, dovrebbe immergersi con una certa attenzione nei libri degli altri. Soprattutto di quelli bravi. Per carpire i segreti fondamentali della narrazione».
Dici Irene Cao e pensi ai romanzi erotici. Le sta un po’ stretto questo confine?
«Si sa come vanno le cose. Quando devi vendere un libro, serve un etichetta che faccia capire di che cosa stiamo parlando. A me sta un po’ stretta questa dicitura del romanzo erotico. Certo, mi ha portato fortuna. Mi ha fatto vendere. Ma penso che in futuro tenterò anche altre strade».
Sta già lavorando a un progetto nuovo?
«Dovrei scrivere un racconto per la tivù. Non posso dire ancora molto. Sarà per la Rai? Sì, penso di sì, ma non escludo niente. Racconterò per immagini aspetti culturali dell’Italia. E credo che tutto dovrebbe chiarirsi proprio in questi giorni».
Mai provato il complesso delle “Sfumature di grigio”?
«Assolutamente no. Io ho scelto di raccontare storie erotiche a modo mio, senza mai usare la volgarità. Evitando di entrare in un mondo come quello sadomaso delle “Sfumature” di E.L. James. E penso di essere riuscita a scrivere dei romanzi che non puntano solo suil sesso. Con uno stile leggero ma elegante. Spesso ho preferito non dire, lasciando intuire».
Evitando, soprattutto, l’effetto ridicolo...
«Basta pochissimo per fare uno scivolone. Come nell’horror, dove la paura rischia di trasformarsi in risata, anche nell’erotismo devi stare sempre attento a non esagerare. A non caricare certe descrizioni».
Nei suoi romanzi c’è un’attenzione fortissima per i luoghi, per i dettagli.
«Spesso sono i luoghi stessi a darmi l’ispirazione per scrivere una storia. Sono felicissima che, dopo l’incontro-lezione di Pordenonescrive, ci sarà anche una sorta di visita nei posti dove ho ambientato i miei romanzi. Anche se la fantasia viaggia su traiettorie tutte sue, certe ambientazioni sono reali. E io le descrivo con tutti i sensi, non solo usando gli occhi».
Ambientazioni sospese tra il non-più-Friuli e il non-ancora-Veneto?
«Io amo moltissimo questa striscia di terra. E credo di essere riuscita a farla amare anche ai miei lettori. C’è la campagna, una pianura infinita, ma anche la collina che diventa montagna. E, in lontananza, si può scorgere il mare. Credo che i miei libri non avrebbero preso forma senza la mia terra».
È arrivata al successo partendo dalla periferia estrema?
«E se ce l’ho fatta io, vorrei dire a tanti giovani che possono riuscirci anche loro. Sbaglia chi prova odio per questa provincia lontana dalle grandi città. Emarginata, dimenticata. Perché credo che può diventare un valore aggiunto andare lontano, fare esperienza, pur restando legati alle proprie radici».
Se i suoi libri avessero fatto flop?
«Potevo proseguire la carriera universitaria. Ho fatto un dottorato a Venezia in Storia antica, restando lì ancora per un anno a proseguire le mie ricerche. Poi sono finita a insegnare, come precaria, al Liceo classico di Mestre. Ma, a un certo punto, la scrittura mi ha chiamato a voce alta».
Scriveva anche prima?
«Sempre. Ma è molto diverso scrivere delle pagine di diario, provare a cimentarsi con un racconto, o decideree di affrontare il romanzo. Quello che spaventa è l’architettura di una storia lunga. Bisogna saper costruire quell’utopia. Ci vuole pazienza, coraggio».
Quando ha iniziato a costruire il suo progetto?
«Tra il 2007 e il 2008. Sono tornata nel mio Friuli e ho iniziato a scrivere. In pratica, ho preso tutta la mia formazione classica, la cultura, e piano piano l’ho traghettata verso un’altro percorso».
E se Rizzoli avesse accettato il suo primo romanzo così com’era?
«Adesso sarei un’altra scrittrice. In realtà, anche quella prima versione raccontava una storia d’amore. Era un romanzo declinato al femminile. Certo, c’erano i temi della malattia, della guarigione. Adesso che ci penso, mancava l’erotismo. Sì, oggi sarei una scrittrici di romanzi rosa».
Mai pensato a un libro giallo?
«Anche se avessi un giallo nel cassetto, chi me lo pubblicherebbe adesso? Io credo nessuno».
Ma come, con tutte le copie che ha venduto...
«Certo, in Italia ho venduto parecchio. Con la trilogia, finora, ho superato le 450mila copie. E poi sono tradotta in 15 Paesi nel mondo. In Francia i miei libri hanno avuto un buon successo, sono usciti per la stessa casa editrice delle “Sfumature”. Hanno creato una fanpage dedicata a me. I lettori si sono inammorati dell’impronta italiana delle mie storie».
È vero che Walter Siti, Premio Strega, stravede per lei?
«Non so se è davvero così. I miei editor dicono che ha letto i libri, che vorrebbe dedicare un saggio alla mia scrittura. L’anno scorso ci siamo conosciuti a Pordenonelegge: è stato un bellissimo incontro».
Non tutti gli intellettuali la guardano con il ciglio alzato, allora?
«Credo che un intellettuale non dovrebbe mai giudicare senza conoscere. Anch’io ho fatto la mia gavetta. Anni e anni di tentativi falliti, percorsi iniziati e interrotti. Non sono arrivata al successo dalla mattina alla sera. Perché si dovrebbe stroncare un libro se ha avuto grande successo, è entrato in classifica? Tanti lettori hanno preso in mano il primo libro della loro vita grazie a me».
Il successo è anche molesto?
«Pensavo molto peggio. Certo, i molestatori che ti inseguono sui social network non li sfuggi facilmente. Però, devo dire, non ricordo episodi davvero sgradevoli. Forse è merito dell’ufficio stampa Rizzoli».
Ama correre come la sua Linda di “Per tutti gli sbagli” e “Per tutto l’amore”?
«Sì, ma non sono ai suoi livelli. Lei è molto estrema. Amo correre, ma anche camminare. Perché la lentezza ti permette di vedere cose che, altrimenti, sfuggono».
La aiuta a scrivere?
«Non riesco a concentrarmi per ore e ore. Ogni tanto devo alzarmi e fare un bella passeggiata. In questa zona del Friuli è amatissima anche la bicicletta. E io, soprattutto in primavera e d’estate, mi diverto a fare delle uscite con la bici da corsa».
D’inverno la Pedemontana è troppo fredda?
«Le strade sono bagnate e io non amo il freddo, Ma nei weekend, arrivano ciclisti come cavallette. Negli ultimi anni si sono moltiplicati».
C’è anche un pezzetto di Trieste nei suoi libri...
«Mi piace tantissimo. Trieste ha un fascino particolare. Non ci capito spesso, perché molti dei miei amici stanno in Veneto e vado più spesso lì. Ma una gita fuoriporta a Canovella in “Per tutti gli sbagli” ci stava benissimo. E io l’ho messa».
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