Irlanda sul Carso con i Modena City Ramblers

Da domani a sabato il tendone di Borgo Grotta Gigante (che ha già ospitato Gu›a sul Carso) diventerà un enorme villaggio celtico con la rassegna "Irlanda in Festa". Si inaugura domani alle 18, alle 20 i concerti degli irlandesi Chasin Hooley, con uno stile unico che unisce il country al pop e il folk al rock'n'roll e i Modena City Ramblers. L'aretino Francesco Moneti, violinista e chitarrista, nei Mcr dal 1995, anticipa: «Sarà un concerto in stile irish band, con molto sudore, come i Pogues: si sale sul palco e si dà tutto ciò che si ha. La scaletta cerca sempre di non ripetersi troppo, ma al tempo stesso ci sono dei classici che non si possono non proporre perché il pubblico li aspetta. Abbiamo anche fatto un ripescaggio di un brano molto richiesto che non suoniamo da una quindicina d'anni. Ci divertiamo e quindi automaticamente si diverte anche il pubblico». Moneti fa parte anche della Casa del Vento, ha suonato con i Negrita (quando ancora si chiamavano Gli Inudibili) e può vantare un featuring nel film di Scorsese "Gangs of New York", racconta: «Girarono diverse parti a Cinecittà. Quindi si sono avvalsi di diversi italiani. Il referente per la parte musicale mi aveva visto suonare e quando cercavano un violinista, ha scelto me. Mi hanno orrendamente pettinato, perché la mia capigliatura non si adattava all'epoca del film! Sono stato otto giorni gomito a gomito con DiCaprio, Daniel Day-Lewis, Cameron Diaz… è stata una situazione magica e irripetibile. Ho visto DiCaprio recitare più volte una scena molto cruda e vederlo a pochi metri da me mi ha fatto capire quanto sia un fuoriclasse. Oltre a comparire ho anche inciso una parte di violino per la colonna sonora e nonostante negli anni abbia suonato, fatto dischi, concerti e di tutto alla fine è buffo pensare che quella piccola cosa è quella arrivata all'audience più vasto della mia carriera».
La festa d'Irlanda?
«È molto seguita in Italia, ormai è un appuntamento usuale per i fan dei Modena. Negli ultimi anni, come succede anche nella data di Trieste, ci sono sempre più band dall'estero. E molte band italiane vorrebbero parteciparvi e mi chiedono come si fa, perché siamo diventati un po' i padrini di Irlanda in Festa».
A Trieste avete suonato nel 2009 al Miela, poi nel 2013 e 2015 a Borgo Grotta.
«Trieste la adoro, sembra il set di un film. Quando abbiamo suonato al Miela c'era una stanza con gli abiti di scena, e in mezzo c'era una vecchia balalaika (la chitarra russa triangolare) semi-distrutta che attirò la mia attenzione. Chiesi a un referente del teatro e mi disse che non la usavano e la potevo prendere. L'ho portata da un liutaio, l'ho fatta sistemare e da allora è fissa nell'arsenale dei miei strumenti. Ci ho anche fatto un paio di dischi».
Com'è fare musica in Italia oggi?
«Lavoro anche come produttore e ho un contatto quasi giornaliero con band molto valide, che hanno tutte il problema di suonare in giro. In questi anni c'è stato un crollo verticale: ci sono meno locali, meno soldi, anche un'attenzione minore nei confronti della musica. Prima andare ai concerti era un momento importante, adesso molte persone preferiscono consumare la musica attraverso il web. È un segno dei tempi, ma è sbagliatissimo. Guardare un concerto su YouTube o essere presenti fisicamente è tutta un'altra cosa».
Era più facile anni fa?
«Se con una macchina del tempo trasferissimo i Modena dal '95 ai tempi odierni non so se ce l'avremmo fatta. Quando non vedi feedback ti demoralizzi e può essere che oggi gruppi molto validi si sciolgano dopo un anno perché fanno un disco che non vende, vanno a suonare per 50 euro, e si sentono la famosa frase del gestore "ma quanta gente mi porti?". Una volta c'erano anche un sacco di trasmissioni televisive in cui potevi andare a suonare: Roxy Bar di Red Ronnie, Help, Supersonic di Mtv, Segnali di Fumo su VideoMusic… Erano programmi intelligenti, in cui suonavi, ti promuovevi, facevi vedere quello che sei. Oggi al massimo in tv vai a parlare del tuo disco, ma non a suonare. È un peccato perché l'Italia è piena di artisti e band validi che non vorrebbero altro che avere il calendario pieno di date. Mi piange il cuore pensare che debbano andare a fare altri mestieri».
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