Kim Ki-duk ritorna con torture insopportabili

VENEZIA. A due anni dal Leone d'Oro per il film “Pietà”, Kim Ki-duk torna al Lido con un altro film durissimo, intriso di violenza ed esplicito atto d'accusa nei confronti della Corea contemporanea. In “One on One”, oggi in apertura delle Giornate degli Autori, il cineasta coreano posa il suo sguardo implacabile sulla pratica fin troppo metabolizzata della corruzione e dell'abuso di potere nella Corea di oggi, mettendo in scena letteralmente l'assassinio della democrazia. E lo fa con un apologo denso di violenza e torture a volte insopportabili. La trama parte dall'omicidio di una liceale, dal nome emblematico di Oh Democrazia, per mano di sette killer. Di loro non è dato sapere nulla, se non che hanno obbedito ciecamente a un ordine superiore. Uno degli assassini viene rapito dalle “Ombre rosse”, un piccolo commando armato che lo tortura, lo costringe alla confessione e poi lo rilascia. Dopo qualche giorno l'uomo scopre che le “Ombre rosse” stanno perseguitando anche i suoi compagni di misfatta: uno a uno, tutti vengono rapiti e puniti. Ma i “giustizieri”, capeggiati da un feroce leader, non sono che un gruppo improvvisato di poveri Cristi delusi dalla vita e arrabbiati contro la società.
Kim Ki-duk si conferma quindi un regista affezionato agli scandali. L'anno scorso il suo "Moebius", fuori concorso, raccontava un interno familiare segnato da incesti ed evirazioni. “Pietà” seguiva un aggressivo strozzino che storpiava i debitori impossibilitati a pagare, in un bellissimo ma spietato pamphlet sul rapporto vittima-carnefice. Senza dimenticare l'ormai celeberrima sequenza de “L'isola”, presentato a Venezia nel 2000, in cui la protagonista si conficcava un amo da pesca persino nei genitali: leggenda vuole che ci siano stati svenimenti in sala. Anche in "One on One" il regista indugia in una sequela di tremende torture, bastonate sui genitali e martellate sulle dita, rudimentali sedie elettriche, gas velenosi. Ma la sua efferatezza non è mai gratuita: anzi, la dannazione della carne resta il terreno di convergenza simbolico dei mali e delle storture del nostro vivere moderno. Kim Ki-duk non dà risposte: in “One on One” il bene e il male, i buoni e i cattivi sono continuamente rivalutati. Piuttosto, come nelle opere esplicitamente più intimiste, da "Ferro 3", Leone d'Argento nel 2004, a “"Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera” (2003), il regista esprime una profonda inquietudine personale. E non fa sconti, neppure a se stesso: “One on One” nasce dal suo disgusto quotidiano per la corruzione ma, nel film, l'autore stesso si dichiara "troppo vigliacco" per cambiare le cose. Sullo schermo invece, è uno dei cineasti più coraggiosi in circolazione.
Elisa Grando
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