Krylov: «Mio papà è un liutaio ancora suono un suo violino»

«Il violinista è un uomo che diventa tutt’uno con il suo violino. Un’immagine attraente, sensuale, in grado di toccare le corde dell’animo delle persone, un po’ come fece Paganini». Una definizione che ben si applica anche a lui, Sergej Krylov, vero e proprio fuoriclasse che tornerà domenica alle 18 sul palco del Teatro Verdi per il secondo concerto sinfonico dell’attività artistica d’autunno.
«Sono felicissimo di tornare a Trieste, in un teatro con cui mantengo un lunghissimo rapporto artistico, iniziato nel 1995.
È una grande gioia ritrovare l’orchestra piena di energia, vitalità e ricca di persone straordinarie, che stanno dando il massimo per preparare questo concerto», spiega Krylov. In questo caso, il violinista russo sarà impegnato nella doppia veste di solista e di direttore d’orchestra. «Essere un direttore che è anche violinista penso che sia molto positivo perché mi permette di far dialogare tra loro gli strumenti in un modo molto accurato, ma in questo periodo devo tenere conto delle distanze, degli schermi di plexiglas che dividono i fiati e delle mascherine, e tutte queste novità rendono l’atmosfera ancora più creativa».
Un programma molto bello, che attraverso l’ouverture-fantasia di Romeo e Giulietta di Cajkovskij e la Sinfonia da La gazza ladra di Rossini, comprende un capolavoro come il Concerto in mi minore per violino e orchestra op.64 di Mendelssohn-Bartholdy e La campanella, terzo tempo del concerto n.2 in si minore per violino e orchestra op. 7 di Paganini. «E questo rende il concerto davvero molto impegnativo per me, perché la direzione e l’esecuzione seguono due linee di pensiero diverse, e va anche tenuto conto che questo repertorio è molto famoso».
Noto in tutto il mondo, riconosciuto come uno dei cinque migliori violinisti contemporanei dallo stesso Rostropovic, Krylov non teme le sfide. «E pensare - dice - che è stata mia mamma, che era una pianista, a decidere che io avrei suonato il violino ancora prima che nascessi».
«Quando sono nato - racconta ancora Krylov -, prima di iniziare a parlare mi esprimevo cantando. Fu così che i miei si accorsero che avevo un particolare talento musicale. Fu mio padre Alexander, ex violinista ma anche liutaio, a costruirmi il mio primo violino. Era piccolissimo ed è stato l’inizio. Avevo quattro anni e mezzo, e non ho mai smesso, e ancora oggi suono un violino creato da mio papà».
Krylov parla in italiano, e continua il racconto: «Il 3 settembre del 1989, prima che si potesse immaginare che sarebbe crollato il muro di Berlino, io e i miei genitori siamo venuti a Cremona. Mio papà negli anni ‘70 aveva studiato per diventare liutaio in quella città e se ne era innamorato. Era il primo liutaio russo a essersi aggiudicato la medaglia d’oro alla fine del corso. E così ci portò qui».
Sergej Krylov da anni si dedica anche all’insegnamento. «I musicisti - spiega - hanno una specie di vocazione, la musica è come una religione che ha bisogno di una fortissima dedizione. Io penso che se uno vuole diventare un professionista debba puntare in alto. Se io volessi diventare un tennista desidererei diventare come Federer. E per un violinista, come per un tennista, l’esercizio fisico sullo strumento è imprescindibile. Ma i musicisti combattono tutti i giorni per portare avanti la cultura, la bellezza, la musica e l’arte che da sempre sono un patrimonio europeo prima che mondiale, e spero che questa pandemia finisca presto consentendoci di continuare a farlo. Per ora non possiamo che resistere, godendo delle occasioni che ci vengono date di incontrare un pubblico». —
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