La “Domenica delle scope” quando Gorizia aprì il confine

Roberto Covaz racconta il 13 agosto del 1950 quando italiani e jugoslavi autorizzarono il passaggio  da una parte all’altra della città

gorizia

C’era una volta un continente europeo che aveva visto i confini dei propri Stati disegnati nuovamente, la seconda volta in meno di venticinque anni, seguendo ragioni politiche e raramente etnografiche e linguistiche. Su questa porzione di pianeta era calata la cortina di ferro e sul mondo aveva iniziato a soffiare il vento gelido della Guerra Fredda. Avvicinarsi ai confini era sconsigliabile. In questa nuova “era glaciale”, un giorno era sorto il sole. Sarebbe tramontato di lì a poche ore, e sarebbe stato, ante litteram, il primo esperimento di Europa unita e di libero scambio delle merci.

Il fatto, che succede a Gorizia il 13 agosto del 1950, è stato raccontato nel libro “La domenica delle scope” del giornalista de “Il Piccolo” Roberto Covaz. Uscito per la prima volta nel 2012 per i tipi di Leg edizioni,ora viene riproposto dalla casa editrice goriziana nella sua terza edizione nella collana Confine Orientale. Il libro è da oggi nelle edicole assime a “Il Piccolo” al prezzo di euro 8,50. A ridosso dell’impenetrabile confine tra Gorizia e la neonata Nova Gorica, una domenica di agosto del 1950 accade un evento straordinario. Il confine si apre, su decisione delle autorità italiane e jugoslave insieme, e, a migliaia, i goriziani rimasti in Jugoslavia dopo il 17 settembre del 1947 superano il confine per tornare ad abbracciare amici, parenti e fidanzate, incuranti dei fucili dei soldati jugoslavi, i “graniciari”, ferrei controllori della frontiera tra l’Occidente democratico e la repubblica di Tito, avamposto dell’est europeo. Gli ormai ex-goriziani si disperdono nei caffè cittadini, nelle osterie, nei negozi e riabbracciano il mondo che hanno perso e che non possono più toccare. È una giornata di festa interminabile, vissuta all’insegna dell’eccesso e degli acquisti. Nova Gorica è in costruzione e c’è poco o nulla da comprare, nemmeno una semplice scopa di saggina, l’articolo che diviene il simbolo di questo memorabile giorno. L’autore, utilizzando fonti archivistiche e numerose interviste, ricostruisce gli antefatti storici e gli eventi di questa giornata e come è stata vissuta da alcuni suoi protagonisti.

Le vicende dell’abruzzese Gregorio, maestro elementare a Savogna, si alternano a quelle di Diomiro di Lasizza, ricoverato nel manicomio di Gorizia per i suoi “futter”, o a quelle di due bambine amiche che vanno a vivere una nella casa dell’altra a causa del confine tracciato in modo arbitrario. Lo sguardo dell’autore si allarga nel tempo e nello spazio, raccontando che cosa hanno significato per le persone di questo territorio multietnico e plurilinguistico il fascismo, la guerra e soprattutto il tracciato del confine, fino alla sua caduta. —

BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

Riproduzione riservata © Il Piccolo