La figurante nelle linee erotiche sperimenta una vita non sua

Pauline Klein pubblica con Carbonio una storia dove la protagonista, combattuta tra solitudine e camuffamento, diventa simbolo di alienazione



La vita di Camille è piatta, non conosce eccessi né dal punto di vista lavorativo né sul fronte dei sentimenti, per lei si tratta ancora di una pagina bianca. Intenzionata a stanare il peggio, la giovane donna deve rivolgersi altrove: incamminarsi dentro di sé. Nella solitaria introspezione in cui si avventura, Camille si rende conto del divario che intercorre tra la sua esistenza e il resto del mondo, e progressivamente ma in modo inesorabile si sente trasformata nella marionetta di se stessa, come se il personaggio sociale costruito nel tempo si scollasse dal resto della sua identità.

A venticinque anni si sposta da Parigi a New York dove trova lavoro, malpagata, in una galleria d’arte. Per vincere la noia e l’indolenza si iscrive a un sito che fornisce servizi erotici telefonici a pagamento, un accompagnamento discreto e più raffinato rispetto alla maggior parte dei siti porno. “A impressionarmi fu l’eccitazione procuratami dalla miseria sessuale di quegli uomini e dei loro fantasmi, che presto mi sembrarono essere null’altro se non la conferma di quanto dall’adolescenza avevo immaginato di loro, la totale mancanza di sorpresa suscitata dai nostri scambi aveva qualcosa di molto rassicurante”.

In un’insolita atmosfera realista Camille inizia a inventare nomi, identità, situazioni a seconda dei suoi interlocutori, parla di tutto e di niente, oppure diventa l’ascoltatrice di chi ha bisogno di raccontarsi a una sconosciuta. Una volta ritornata a Parigi, qualche mese dopo, si allontana volontariamente dal mondo delle gallerie d’arte per mettersi a scrivere, passando dal gioco con la voce alla costruzione di storie in cui assumere personalità ancora diverse. La protagonista del romanzo “La figurante” di Pauline Klein (Carbonio Editore, pp. 140, euro 14, traduzione di Lisa Ginzburg) è una donna irrisolta che oppone una sorta di resistenza passiva alla società e alle sue imposizioni.

Rientrare a Parigi significa scontrarsi ancora con la figura ingombrante della madre, donna single e apparentemente tollerante, che l’ha obbligata a un’infanzia silenziosa, isolata dagli altri, in un appartamento vicino alla torre Montparnasse in cui ogni mobile è pitturato di bianco. Camille si è abituata alla solitudine e quando il mondo attraverso un qualsiasi canale fa irruzione nella sua intimità lei si sente aggredita quasi fisicamente. E in uno strano cortocircuito di mancanze e squilibri si ritrova ad associare “l’assurdità del lavoro ben fatto, la stessa idea del dovere, a una certa forma di sessualità”.

Chiusasi in casa accusando una malattia immaginaria, si concentra sul personaggio di cui vuole scrivere, la regista Eva Senguin, e comincia a vivere di conseguenza come se si trovasse lei stessa catapultata in un romanzo in costruzione. Ecco Camille pronta a sperimentare l’ambiguità e il coinvolgimento di incontri sessuali, relazioni amorose, esperienze erotiche che comprendono ogni risvolto racchiuso in un rapporto, soprattutto le finzioni. Senza disdegnare la simulazione e il camuffamento, come quando si fa passare per un uomo voglioso e assetato di sesso chattando in un forum per brave ragazze.

Silenziosa, indolente, votata alla negazione, la protagonista di Pauline Klein sceglie volontariamente di non partecipare alle dinamiche in cui si muovono tutti gli altri diventando così l’eroina allegorica dell’alienazione contemporanea. Un romanzo che parte con ottime premesse ma che non sempre appaga il bisogno del lettore di concretezza e di azione, una storia in cui i momenti migliori arrivano dalle descrizioni della normalità che la protagonista osserva e registra intorno a sé. Pauline Klein ha studiato filosofia alla Sorbona e poi estetica e arte. Nel romanzo “La figurante” rientrano alcuni aspetti autobiografici come il periodo trascorso a New York a lavorare in una galleria d’arte. Col suo primo romanzo, “Alice Kahn”, ha vinto il Premio Fénéon. —

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