La Francia si innamora di Leo in quell’ultima estate in città

A quasi mezzo secolo dalla prima pubblicazione in Italia, nel 1973 con l’editore Garzanti, la Francia scopre “L’ultima estate in città”, romanzo gioiello dello “sconosciuto“ Gianfranco Calligarich
Lo scrittore e sceneggiatore triestino Gianfranco Calligarich, 74 anni. Il 30 giugno riesce il suo esordio “L’ultima estate in città” (Bompiani)
Lo scrittore e sceneggiatore triestino Gianfranco Calligarich, 74 anni. Il 30 giugno riesce il suo esordio “L’ultima estate in città” (Bompiani)

“L’archeologia ha un pregio: riporta alla luce i tesori”, scrive Le Figaro Magazine nel febbraio scorso. E aggiunge “Questo romanzo è un capolavoro”: cinque stelle di valutazione, eccellente. “Sensazionale fino ai minimi dettagli” annota Elle negli stessi giorni.

“Una lettura indimenticabile” si entusiasma Juliet Romeo della libreria La Madeleine di Lione sul Supplemento pagina dei librai. “Uno degli antieroi più accattivanti della letteratura italiana” lo definisce Veronique Cassarin-Grand sul settimanale l’Obs. “Non ce ne dimenticheremo facilmente”, dice Le Figaro letterario.

A quasi mezzo secolo dalla prima pubblicazione in Italia, nel 1973 con l’editore Garzanti, la Francia scopre “L’ultima estate in città”, romanzo gioiello dello “sconosciuto“ Gianfranco Calligarich. E se ne innamora. Il libro, uscito oltralpe a inizio 2021 con il prestigioso editore Gallimard e la traduzione di Laura Brignon, ha raccolto apprezzamenti unanimi, una poderosa rassegna stampa di articoli entusiastici e un gran successo di vendite. Il triestino Calligarich, 74 anni, di cui la critica francese si meraviglia di non aver mai sentito parlare, sarà tra gli ospiti di punta del festival Italissimo, dall’1 al 4 luglio a Parigi. Sulla scorta dell’exploit in Francia, l’esordio dì Calligarich, Premio Inedito 1973, è in corso di traduzione in diciassette lingue e sarà riedito anche in Italia, in libreria dal 30 giugno per Bompiani, con una preziosa nota di André Aciman.

Non poteva mancare l’approdo sul grande schermo con la casa di produzione WildSide e la regia di Saverio Costanzo. Calligarich, nato ad Asmara da famiglia cosmopolita di origine triestina, è cresciuto a Milano e si è poi trasferito a Roma. Pluripremiato autore di sei romanzi, tra cui “La malinconia dei Crusich” sulla storia della sua famiglia, premio Viareggio-Répaci e Fiuggi, fondatore del Teatro del XX secolo nel Fontanone del Gianicolo, ha firmato per la Rai celebrate sceneggiature come “Storia di Anna” con Laura Lattuada, primo crudo film tv sulla droga per Rai Uno, e “Piccolo mondo antico” dell’83 con Alida Valli, entrambi diretti da Salvatore Nocita.

Libro carsico “L’ultima estate in citta”. Caso editoriale che s’inabissa e riemerge. Calligarich lo scrisse a 26 anni, regalando molti tratti autobiografici al protagonista, il giornalista Leo Gazzarra, esteta della disperazione, che da Milano si trasferisce in una Roma fulgida e decadente, e ne viene incantato e distrutto, complice l’amore per l’instabile, l’imprevedibile Arianna. Tutti gli editori lo rifiutarono, ma Natalia Ginzburg lo lesse furiosamente in una notte e ne restò colpita, tanto da sollecitarne la pubblicazione insieme a Cesare Garboli. Dopo la prima edizione Garzanti, in diciassettemila copie, il romanzo sparì. Ricomparve in libreria nel 2010 per l’editore Aragno, quindi nuovamente nel 2016 per Bompiani. Nel frattempo continuò a circolare sulle bancarelle, per passaparola, nei circoli di lettura, oggetto di tesi di laurea. “Sfinocchiato”, nel senso di sfigato e distrutto, e “alzare le vele”, ovvero andarsene da una vita estranea e irriconoscibile, sono neologismi e frasi diventate di culto fra gli iniziati al romanzo. “Piccolo capolavoro malinconico che rappresenta un antieroe molto attuale” scrive Les Inrockuptibles. In Leo Gazzarra i francesi ritrovano i vagabondaggi alcolici e la deriva distruttiva di Alain Leroy, il protagonista di “Fuoco Fatuo” di Louis Malle. E la Roma scintillante della “Dolce vita” di Fellini e della “Grande bellezza” di Sorrentino. Calligarich, come ci ricorda Aciman, vorrebbe però essere sepolto a Trieste, vagheggiandola come quel nonno, disertore dell’esercito austroungarico, sul letto di morte. «Perchè la sua famiglia allargata si sente attratta da Trieste, sogna Trieste, sente Trieste, e sostiene di appartenere solo a Trieste, anche se molti dei componenti non vi hanno mai messo piede». — © RIPRODUZIONE RISERVATA 

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