La linea dell’arciduca, il dettaglio perfetto di Bartolini

Daniele Orso è nato a Monfalcone nel 1982 e vive in Friuli. La raccolta “Muri portanti” è stata accolta nel XIII Quaderno Italiano di Poesia Contemporanea (Marcos y Marcos) a cura di Franco Buffoni. Ha pubblicato diverse sillogi tra cui “La difesa dell’armata Rossa” (Oedipus Edizioni) e “La mano tesa”, edito recentemente da Lietocolle. Orso si distingue per una lingua materica che aderisce alla realtà evocando una dimensione molto singolare e ritmicamente ineccepibile. Siamo quasi di fronte a una planimetria del tempo, a un futuro regresso che Orso ci restituisce nella storia collettiva, ma anche in un contesto più esistenziale. Cose e persone subiscono una sorta di accelerazione che rimanda a una doppia prospettiva: quello che si pensava accadesse e quello che inevitabilmente è accaduto in un quadro quasi sincrono, teso a evidenziare la caducità del tutto, la potenza del tempo, la falsa coscienza dell’uomo. Il suo consiglio: «"Dio sta nei dettagli" e di dettagli “La linea dell'arciduca” di Elio Bartolini è ricco? Di uno solo: una ferrovia progettata e mai finita, dunque un terrapieno, una traccia invisibile nell'indistinto della pianura. E perché occuparsi di un manufatto che non c'è? Perché il tempo non esiste che in ciò in cui si coagula. In questo libro ci muoviamo nella Storia: dalla preistoria alle campagne napoleoniche, dalla Grande Guerra all'era nucleare. Dunque un romanzo epico? No. I personaggi sono sempre discreti, servono l'unico padrone: il tempo. Non bastano intere generazioni per costruire una strada: il tempo ci mette lo zampino e fa fallire anche i progetti più minuziosi. La Storia è un nastro di Möbius che macina gli anni. "La costruzione non definisce soltanto la forma, ma è la forma stessa": frammenti di un glorioso fallimento, del tempo occorso e degli uomini che gli gravitano attorno. "Less is more", diceva van der Rohe: ciò che costruiamo non può opporsi alla ferrea legge della distruzione, è una forma di venerazione. E così di un libro perfetto non c'è che da venerarlo». —

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