La malinconica “Materna parola”di Alberto Bevilacqua

Alessandro Moscè dedica allo scrittore parmigiano un ritratto che attinge ai ricordi e ai dialoghi di una lunga amicizia  
Lo scrittore Alberto Bevilacqua a Milano in una foto del 2 aprile 2012 . ANSA/DANIEL DAL ZENNARO
Lo scrittore Alberto Bevilacqua a Milano in una foto del 2 aprile 2012 . ANSA/DANIEL DAL ZENNARO



Aveva la fronte alta, lo sguardo acceso e pungente, scriveva a mano su quaderno la prima stesura dei suoi romanzi che poi ribatteva con la macchina da scrivere: mai col computer perché, diceva, le statue di Michelangelo non avrebbero avuto la stessa forma se fossero state realizzate con lo scalpello elettrico.

La macchina da scrivere invece gli permetteva un avvicinamento potente alla materia, se trovava anche un solo errore, ribatteva l'intera pagina. Di Alberto Bevilacqua, lo scrittore parmigiano morto sette anni fa, autore di libri di successo come La Califfa e Questa specie d'amore, di cui agli inizi degli anni Settanta curò anche la versione cinematografica con attori allora sulla cresta dell'onda, come Tognazzi e Romy Schneider e le musiche di Ennio Morricone, la biografia che gli dedica Alessandro Moscè permette di conoscere l'uomo, il poeta, il narratore, il regista. Per scrivere “Alberto Bevilacqua. Materna parola” (Il Rio, 166 pagg., 19 euro), l'autore, poeta e direttore del premio di narrativa e poesia Città di Fabriano, ha attinto alla sua lunga amicizia con Bevilacqua. È nato così "un libro di ricordi, nati dai dialoghi e dai brani, dalle frasi e dalle parole dei romanzi e delle poesie di Alberto".

Arrivato giovane a Roma, città che negli anni Cinquanta emavana il fascino di un potente magnete per chi aveva o pensava di avere talento letterario, e trovato lavoro negli uffici stampa delle case di produzione, Bevilacqua praticò felicemente la scrittura, sia quella giornalistica che quella creativa, dalla narrativa alla poesia, infilando, trentenne, i due successi prima ricordati che gli portarono in dote Campiello, Strega e la discreta fama che negli anni a seguire mantenne in esercizio rivelandosi autore prolifico e di sicura vendita.

Moscè ci presenta un Bevilacqua se non segreto, riservato, ci apre il suo attico di Vigna Clara, ci presenta le penne blu e rosse disposte come soldatini, i sigari Davidoff che fumava in continuazione.

La malinconia in lui era presente: la Parma lontana era la sua Itaca all'incontrario, la madre sofferente un dolore permanente. A lei, racconta Moscè, che lo portava al cinema a vedere Charlot, fece il regalo della visita di Chaplin, in Italia per il suo ultimo film.

Tre anni prima che morisse, nel 2010, Bevilacqua potè gioire per la pubblicazione di un Meridiano dedicato alla sua opera; dalla quale, scrisse un critico, "affiora una Italia moderna, abitata ancora dalla ultime icone della mitologia contadina, corposa e al tempo stesso fantastica". —



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