La Natura vista da Arp alla Collezione Guggenheim il dadaista che cambiò l’arte

Il percorso
«Sono nato nella natura. sono nato a strasburgo. sono nato in una nuvola». Nei versi di questa poesia scritta da Jean (Hans) Arp nel 1931 è racchiusa l’essenza di quello che può essere considerato il padre del dadaismo. Nell’amore per la natura, mai imitata ma sempre colta nei suoi processi, come una pietra che si stacca da una roccia e cade nel mare, è racchiusa l’essenza di questo straordinario artista.
Alla singolare “Natura di Arp” è dedicata dalla Collezione Guggenheim di Venezia fino al 2 settembre una mostra monografica di grande respiro, organizzata dal Nasher Sculpture Center di Dallas e destinata a diventare una pietra miliare nello studio e nella rilettura critica dell’artista franco-tedesco. Fondatore del movimento Dada e pioniere dell'astrazione, nella sua lunga carriera durata ben sei decenni, Arp sviluppò un corpus di opere di grande varietà, realizzate nei più diversi materiali e formati: dai disegni ai collage, dai dipinti alle sculture per cui divenne celebre.
Il suo fu sempre un linguaggio in movimento, fluido quanto ironico, leggibile da una molteplicità di punti di vista, spesso opposti, capace di disgregare luoghi comuni, convenzioni, facili aspettative e per questo sempre sotteso da una sottile vena di humor. Un linguaggio potente e al contempo semplice, votato alla natura, fatto di forme organiche e curvilinee che si muovono tra astrazione e rappresentazione.
Punto di riferimento per generazioni d'artisti, Arp occupa un posto di particolare rilievo nella Fondazione Peggy Guggenheim di Venezia. Come ha spiegato Karole Vail, direttrice del museo nonché nipote della mecenate americana, «Arp è stato il primo artista a entrare nella collezione di Peggy con un piccolo bronzo, “Testa e conchiglia” (1933). Lei poi continuò con grande entusiasmo ad acquistare altre sue opere, che inserì in diverse mostre di scultura contemporanea da lei organizzate a Londra e a New York».
Questa mostra è una sorta di omaggio all’artista da parte della città che gli tributò il Gran Premio per la scultura nella XXVII Biennale del 1954. Proprio in quel periodo Arp fece molte visite a Peggy nella sua casa museo, come testimoniano numerosi schizzi da lui lasciati nel libro degli ospiti del palazzo.
Curata da Catherine Craft, l’esposizione vuole riflettere in particolare sul ruolo svolto dalla natura nell’opera di Arp. «Dopo di lui – ha spiegato la curatrice - gli artisti si sentirono finalmente molto più liberi di utilizzare materiali diversi, mezzi espressivi diversi, relazionandosi con la natura in modo nuovo, dando spazio a un'arte meno egocentricamente ed egoisticamente concentrata sull’artista».
Nato a Strasburgo, in Alsazia, quando la regione era politicamente contesa tra Francia e Germania, Arp oppose un rifiuto irremovibile sia al militarismo che al nazionalismo e si dedicò ad esplorare in maniera continuativa e con grande energia le pratiche artistiche che ora caratterizzano il mondo dell’arte internazionale. «Passando con grande facilità dal dialetto alsaziano al francese e al tedesco (rappresentati nel doppio nome Jean/Hans), Arp – ha raccontato Jeremy Strick, direttore del Nasher Sculpture Center - si mosse con grande abilità tra culture, movimenti e mezzi artistici, trovandosi a proprio agio se definito dadaista, surrealista o astratto, come pure pittore o scultore, artista o poeta. In questo modo l’artista riuscì a sfidare i settarismi che alimentarono due guerre ricercando l’amicizia e la collaborazione di un gran numero di artisti e scrittori di nazionalità e sensibilità diverse. La scultura moderna così come noi la conosciamo non esisterebbe senza il contributo di Jean (Hans) Arp, le cui forme organiche e fluide hanno offerto un linguaggio assolutamente nuovo a generazioni di artisti». —
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