La primavera di ogni epoca raccontata su tela all’Itis

TRIESTE Natura e arte rappresentano il filo conduttore di “In primavera a Trieste”, articolata e vivace rassegna che, ideata e promossa dalla cooperativa Agricola Monte San Pantaleone e giunta alla quinta edizione, racconta in modo sfaccettato la cultura della bellezza e del confronto.
Tra le molteplici manifestazioni di grande interesse appare la disponibilità dell’Itis che espone fino al 23 maggio (dalle 10 alle 12, sala Maggiore, al primo piano dell’edificio storico di via Pascoli 31) un percorso culturale ed estetico intitolato “Per te io curo questi fiori”, solitamente non fruibile dal pubblico. Itinerario che si snoda tra dipinti dell’Ottocento e del Novecento di autori triestini fino a pervenire al contemporaneo.
«Le opere, realizzate in epoche diverse, e gli arredi della sala Maggiore - spiega il responsabile della programmazione dell’Itis Francesco Mosetti - porteranno il visitatore a un incontro con la primavera di ogni età quale mezzo di mediazione intergenerazionale.
I quadri simboleggiano infatti periodi diversi, concetto che si specchia nelle persone anziane che vivono all’Itis e nei docenti e negli studenti che vi frequentano quotidianamente le aule e i laboratori del Dipartimento di medicina, di geriatria e in particolare di fisioterapia. Generazioni diverse che s’incontrano spesso a pranzo o per la pausa caffè nel moderno e curato ristorante di quello che un tempo si chiamava Istituto dei poveri e ospitava i meno abbienti».
In mostra incontriamo i lavori più significativi donati nel corso del tempo da benefattori e artisti, a partire dalla vivace fruttivendola veneziana e dall’intensa testa di vecchio di Umberto Veruda e dal ritratto di signora a matita dell’eccellente Isidoro Grünhut, triestini attivi nella seconda metà dell’800 dopo essersi formati a Monaco, così come vi fu educato il più giovane Edgardo Sambo, presente con un olio su tela e già avviato sulla via del simbolismo; mentre Egisto Lancerotto, di Noale, reinterpretava allora i modi veristi, più vicino alla luce della scuola veneta. Di altissimo livello poi, l’autoritratto seicentesco del pittore napoletano Paolo De Matteis.
La modernità è testimoniata da Serse Roma, artista veneto di fama internazionale che espone un raffinato disegno su fogli di zinco, dalla felice avanguardia di Miela Reina, dai cieli evanescenti di Manuela Sedmach, dall’intensa riflessione espressionista di Elettra Metallinò, dall’opera-manifesto dedicata all’Itis da Bruno Chersicla, dal linguaggio poetico e tecnicamente efficace di Riccardo Bastianutto; mentre, quasi come numi tutelari, i busti dei benefattori vegliano nel “pantheon” loro dedicato nell’atrio monumentale: eccezionale e scenografico corpus di sculture a testimonianza dell’arte plastica triestina tra ’800 e ’900.
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