La Rivoluzione francese? Merito dei romanzi erotici



Sarà perché quello che una volta si chiamava "comune senso del pudore" ha progressivamente allargato le proprie maglie. Sarà perché ci siamo abituati a tutto. Sarà perché la "rivoluzione sessuale", dagli anni Sessanta in poi, ha dato i suoi frutti. Fatto sta che la pornografia oggi sembra scandalizzare sempre meno.

Eppure c'è stato un tempo in cui il "discorso pornografico" ha posseduto una carica indubbiamente eversiva. Lo storico statunitense Robert Darnton, uno dei massimi esperti mondiali di storia francese, ha scritto “Libri proibiti. Pornografia, satira e utopia all'origine della Rivoluzione francese” (il Saggiatore, pp. 464, euro 35), in cui sostiene una tesi assai interessante: a propiziare l'avvento della Rivoluzione del 1789 hanno giocato un ruolo fondamentale non solo gli scritti dei filosofi illuministi, ma anche (e forse addirittura ancor di più) i romanzi erotici e pornografici, che hanno avuto l'effetto di sovvertire la morale tradizionale. Prendiamo i libri del dissoluto marchese De Sade, autore di una produzione narrativa sterminata, tesa, al pari della sua stessa esistenza avventurosa, allo scandalo e alla provocazione. La ricerca del piacere e di una felicità libera da ogni freno etico o legale è al centro del romanzo Le relazioni pericolose, pubblicato nel 1782 da Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos. Spesso le edizione di questi testi erano illustrate con disegni e stampe che preludono alla pornografia moderna.

Su quest'ultima fu organizzato a Bologna, nel dicembre del 1973, un leggendario convegno intitolato “Erotismo eversione merce”. Così si intitola anche il volume che ne raccoglie gli atti, ora ripubblicato da Mimesis con l'aggiunta di un'appendice contenente nuovi saggi (a cura di Vittorio Boarini, nuova edizione a cura di Fabio Francione, pp. 264, euro 22). Tra i relatori, nomi di spicco come Félix Guattari, Alberto Lattuada, Fernanda Pivano, Elémire Zolla. Si consideri che già nel 1973 il porno incassava negli Stati Uniti ben un quarto del reddito totale prodotto dal cinema. In Italia la cinematografia a luci rosse sarebbe giunta alla fine del decennio, con produzioni nostrane e con l'importazione di pellicole provenienti dall'estero. Inizialmente considerata come epifenomeno della vittoria del permissivismo degli anni Sessanta, la pornografia si presentava come un'esperienza trasgressiva e progressiva, figlia delle istanze politiche di liberazione della sessualità, nella direzione di una provocazione e di una contestazione di costumi e ideologie conservatrici. Non a caso i primi registi hard erano gente intellettualmente sofisticata: in Francia molti di loro gravitano intorno al gruppo dei Cahiers du cinéma. Ben presto però essa è diventata industria, merce, che come tale ha condotto a una mercificazione del corpo, soprattutto quello femminile. Il convegno bolognese dava lucidamente conto di questa ambivalenza. Vi intervenne anche Pier Paolo Pasolini, il quale aveva già girato i primi due titoli della "Trilogia della vita", Il Decameron (1971) e I racconti di Canterbury (1972), mentre “Il fiore delle Mille e una notte” sarebbe uscito nel 1974. Lo scandalo di questi film, nei quali per la prima volta venivano esposti sullo schermo gli organi genitali, risulterà però rapidamente depotenziato dall'avanzare di tutta una serie di film ai quali inconsapevolmente Pasolini, con queste opere, aveva preparato il terreno. I critici cinematografici parlano di un vero e proprio filone, detto appunto "decamerotico", che tra il '72 e il '76 vide qualcosa come una trentina di pellicole prodotte e distribuite in Italia: film comico-erotici, di ambientazione per lo più medievale o rinascimentale. Per approfondire il ruolo di Paoslini in questo campo, segnaliamo anche l'ultimo numero della rivista "Autografo" (n. 61, anno XXVII, 2019, Interlinea, pp. 188, euro 20), tutto dedicato allo scrittore e cineasta friulano. —

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