La Trieste di Chersicla fatta di amici famosi in un amarcord d’arte

Da oggi al Museo Carà di Muggia esposti i disegni realizzati dal pittore prima di morire nel 2013
Trieste on my mind: trasferitosi a Milano nel 1966, un po’ di anni dopo essersi formato all’Istituto d’arte “Nordio”, Bruno Chersicla, indimenticato scultore, pittore, grafico e musicista triestino, era sempre rimasto legatissimo alla città in cui era nato nel ‘37. Memorabili le sue riunioni, soprattutto natalizie, nella scenografica casa-studio di via S. Marco, dove non mancavano mai il vino, i salumi, il panettone... Vi riuniva gli amici più cari, soprattutto ex compagni del “Nordio”. Con alcuni aveva composto un complesso jazz, in cui suonava magnificamente il contrabbasso, lo strumento prediletto, e al quale partecipava, quand’era a Trieste, anche l’unico figlio, Andrea. Che oggi conserva amorevolmente intatto, come un piccolo museo, l’atelier triestino. La musica era infatti l'altra anima di Chersicla, che lo coinvolgeva quanto l'amore per Trieste, filo conduttore della rassegna intitolata “Ritratti triestini”, che si apre oggi alle 18.30 al Museo Carà di Muggia.


La mostra è un progetto che Bruno aveva ideato negli ultimi anni di vita, disegnando a grafite e acquerello dal 2010 in poi la maggior parte dei ritratti esposti, più di una trentina, parzialmente inediti. Una sorta di amarcord degli anni iniziali della sua attività, quando, in occasione di una personale a Lignano del ‘62, il noto poeta e intellettuale Leonardo Sinisgalli gli aveva comprato l’intera mostra, suggerendogli di viaggiare per scoprire, grazie al ricavato della vendita, tutto un elenco di luoghi, esposizioni e persone che in qualche modo gli avrebbero aperto la mente.


Erano gli anni in cui l’artista viveva ancora a Trieste e sono soprattutto le frequentazioni che partono da quel periodo in poi, quelle cui fanno riferimento i ritratti esposti nella rassegna, curata da Enea Chersicola: personaggi appartenenti al mondo artistico, culturale e letterario triestino, in parte coetanei di Chersicla o qualcuno più anziano di lui che l’aveva influenzato, come per esempio Anita Pittoni, creatrice di moda di successo, traghettata dopo lo spartiacque del secondo conflitto mondiale, nel campo delle lettere e dell’editoria.


Nel ritratto di lei un dettaglio allude ai preziosi tricot che l’artista e intellettuale triestina realizzava per le signore bene della Trieste prebellica, l’amabile Sergio Brossi ha in mano un libro che allude alla sua attività di critico d’arte; lo scultore Mariano Cerne, del quale il disegno esprime tutta la dolcezza, regge un martello e uno scalpello, i disegnatori Renzo e José Kollmann sono raffigurati con due matite, Giulio Montenero stringe a sé una copia de “Il Piccolo”, per cui ha collaborato una vita quale critico d’arte; Elvio Guagnini, critico letterario, saggista e docente emerito è accompagnato dai suoi amati volumi, Carlo Ulcigrai dal leone di Venezia, simbolo delle Assicurazioni Generali, sotto la cui egida è nato il premio letterario che porta il suo nome; lo scrittore Fulvio Tomizza porge un libro, Claudio Grisancich un trifoglio, simbolo della semplicità della grande poesia. Il bibliotecario, scrittore e critico letterario Stelio Crise, che sul libro “È tornato Joyce” pubblicò i ritratti dell’entourage di James disegnati da Chersicla e accompagnati dai commenti dello stesso Crise, risvegliando l’interesse sullo scrittore irlandese, è ritratto con la doppia J; Giorgio Voghera, San Giusto d’oro come lo stesso Bruno, regge un’effige della cattedrale...


In ogni ritratto compare come simbolo fondamentale, l’elemento che ha caratterizzato la vita intellettuale o artistica del soggetto, che si accompagna a una sorta di somiglianza somatica essenziale del volto. Però, mentre solitamente i ritratti di Bruno riprendevano il profilo dei protagonisti, questi colgono i personaggi di fronte e - solo talvolta - affondano nel loro inconscio, trasformandosi nei noti ritratti della mente, misteriosi e metafisici. Come quello dedicato alla pittrice Elettra Metallinò e allo scultore Ugo Carà, la classicità del quale negli interessi artistici e nell’origine famigliare dalmato-cretese è probabilmente simbolizzata dalle ali giustapposte alle sue spalle. Quasi che l’autore avesse voluto in questo suo ultimo progetto, salvo i pochi ritratti della mente, riandare indietro nel tempo riappropriandosi di schemi tendenzialmente tradizionali di rappresentazione.


L’esposizione, che Chersicla avrebbe voluto vedere prima di morire nel 2013, propone anche i ritratti scultorei dei suoi insegnanti del Nordio, Enzo Cogno, Riccardo Bastianutto e Dino Predonzani, accanto a quello di Biagio Marin e a una grande scultura della Bora. Strutture lignee con cui il fruitore può interagire modificandole, secondo un concetto dell’arte prettamente contemporaneo che Chersicla amava molto e di cui si fece originale, magico, ludico interprete. Il progetto si concluderà con la pubblicazione di un catalogo dei ritratti esposti e probabilmente di altri, di cui sono state reperite le bozze, completati dagli scritti di intellettuali o artisti triestini.


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