La valle dei banditi, l’inedito di Scerbanenco in un’America che rifletteva le sue paure

Esce oggi con La nave di Teseo il giallo “ritrovato” dell’autore di origine russa, curato dalla figlia Cecilia, protagonista l’investigatore Jelling 

la storia

Paolo Marcolin

Giorgio Scerbanenco amava molto i film western. Alla fine degli anni Trenta, mentre lavorava come redattore alla Mondadori e collaborava a diversi giornali, uscirono con gran successo in Italia i classici dell’epopea del West, uno per tutti ‘Ombre rosse’. Quel mondo diviso tra bene e male, dove l’epica della narrazione trovava nei grandi spazi dei deserti infuocati e delle verdi pianure una cornice esotica e affascinante, in cui si muovevano personaggi dalla moralità ineccepibile come John Wayne, piaceva a Scerbanenco al punto che, racconta la figlia Cecilia che lo aveva saputo dalla nonna, era capace di tornare a vedere un western anche quattro volte.

Con questa premessa non stupisce che l’inedito dello scrittore di origine russa, uno degli acclarati maestri del giallo italiano, che arriva in libreria oggi, ‘La valle dei banditi’ (La nave di Teseo, 188 pagg., 17 euro) sia ambientato proprio in mezzo al deserto. Arizona, Nuovo Messico, un posto così, probabilmente visto in uno dei film di John Ford, immaginato per raccontare questa puntata della saga di Arthur Jelling, l’archivista di Boston, investigatore elegante, acuto ma dalla vita monotona e priva di vizi, a differenza di tanti detective della letteratura.

Ecco come il suo autore lo descrive: «Era un uomo che aveva quarant'anni, aveva studiato medicina fino a venticinque anni, s'era sposato a ventiquattro, e altro non aveva fatto di più importante, se non scoprire la trama segreta di alcuni delitti famosi. Ma nella sua vita non era mai entrato il romanzo, se non di scorcio. Scoperto l'autore del celebre delitto, o archiviata la pratica dell'ultimo processo, egli tornava a casa, tra sua moglie e suo figlio, leggeva il giornale mangiando, leggeva un libro a letto, e la mattina era in ufficio, all'Archivio Criminale, come un qualunque impiegato, come il più oscuro degli impiegati, a catalogare interrogatori ed elenchi di referti, o stesure di alibi».

Il primo giallo in cui troviamo Jelling uscì nel 1940, giusto ottant’anni fa. Anno cruciale, drammatico, per la nostra storia. Segnava l’inizio della guerra, dalla quale Scerbanenco cercherà di allontanarsi qualche anno dopo, quando su Milano cominceranno a cadere le bombe, per trovare rifugio prima sul lago d’Iseo e poi in Svizzera. Una peregrinazione che si riverbera anche sullo stile dello scrittore, come nota, nell’introduzione a ‘La valle dei banditi’, la figlia Cecilia, per la quale lo stile asciutto, quasi spoglio e la rinuncia della sua consueta musicalità sono da attribuire al senso di minaccia e di ansia che Scerbanenco confessò di non riuscire a tollerare. E forse proprio perché non era soddisfatto della riuscita del testo, Scerbanenco decise di non pubblicarlo.

Cecilia, che da anni vive a Lignano, racconta infatti che l’inedito è stato scoperto solo di recente e, tra le carte della madre, sono state trovate delle lettere in cui Scerbanenco, come faceva di solito, proponeva all’editore diversi titoli.

Ma chi sono i banditi? Sono gli appartenenti a una strana setta di moralisti che fuggono dal mondo civile, che ritengono abitato dal peccato e si rifugiano in una valle nel deserto in attesa della fine del mondo, pensando, e sbagliando di grosso, di essere al riparo dal male. Banditi perciò non solo perché si riveleranno dei fuorilegge, ma anche perché si sono da soli messi al bando dal resto della comunità. A sbrogliare la matassa compare Jelling, cui fa da contraltare il capitano Sanders, poliziotto manesco che ama andare per le spicce, mentre l’elegante archivista conosce Kant e riesce a coniugare la razionalità con la capacità di indagine psicologica. Un consiglio, si leggano le storie di Jelling, che nei prossimi mesi l’editore via via ripubblicherà (ora sono disponibili in e-book) pensando che quell’America immaginaria altro non è che la Milano a cavallo tra i Trenta e i Quaranta: nebbia, balere, bar di periferia e donne perdute. —

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