“L’altra casa” di Simona Vinci abitata dai fantasmi della lirica
La casa è tornata di prepotenza al centro della nostra vita e anche della narrativa. Ogni casa ha un’anima e un carattere suo ma alcune sono speciali, misteriose e possono ispirare o addirittura prendersi cura di chi vi abita. Da questo presupposto parte Simona Vinci per innescare la trama del suo nuovo romanzo, “L’altra casa” (Einaudi, pp. 376, euro 20), la cui protagonista è Maura, una cantante lirica che affronta un grave problema di salute che colpisce la tiroide e le impedisce di usare il prezioso strumento della voce. Anche il rapporto sentimentale con Fred, il suo agente, non attraversa un momento facile e con tutta una serie di punti interrogativi e di angosce Maura si trasferisce in una grande a magnifica villa del Settecento nella campagna alle porte di Bologna: è la storica dimora di Giuseppina Pasqua, la celebre mezzosoprano e contralto che a cavallo tra Otto e Novecento ha infiammato i teatri italiani ed europei e fatto innamorare schiere di appassionati di musica, a cominciare da Giuseppe Verdi.
Il progetto è quello di farle interpretare alcuni brani della Pasqua in un evento che si dovrebbe tenere proprio nella villa in questione e per questa ragione le viene affiancata Ursula, pianista russa che le fa da assistente e che si prende cura di lei e della sua salute a tratti in maniera troppo autoritaria.
Maura fatalmente si sente messa in discussione muovendosi negli ambienti di una diva della lirica che oltre al talento e alla fatica ha messo in campo bellezza, carattere e glamour per conquistare i fan mentre lei non è neanche in grado di sopportare i pettegolezzi acidi che i social fanno circolare sul suo conto.
Ma la grande casa piena di scale, saloni, pianoforti e sottoscale, circondata da un parco lussureggiante, esercita presto il suo potere su Maura. “Era stata una madre, per sei settimane. Era stata una cantante lirica, per quindici anni. Non sarebbe mai più stata niente”: sconfitta come donna dopo la gravidanza non portata a termine e bloccata nel suo lavoro per il quale non si sente più all’altezza, la cantante deve inoltre subire il controllo di Ursula che la tratta come se si trattasse di una rivale.
Anche la russa ha dei segreti che riguardano il passato, il tempo in cui studiava il pianoforte e nutriva l’ambizione di diventare un soprano, speranze vanificate dalle sfortunate circostanze della sua infanzia.
Simona Vinci è abilissima nel descrivere il rapporto ambiguo che si crea tra le due donne con una serie di situazioni magnifiche come quando Maura si esercita muovendo le labbra e aprendo e chiudendo la bocca senza emettere suono e Ursula, che la accompagna al piano, le ruba letteralmente la scena con la sua voce da contralto, di una bellezza insopportabile. Maura cerca di trarre nuova forza dalla dimora della mitica Pasqua e si domanda se la diva avesse amato quella casa o se, come lei, se ne sentisse prigioniera, confinata dentro.
Con maestria e partecipazione l’autrice crea momenti che strizzano l’occhio ai racconti gotici dell’Ottocento inglese, evocando sogni e circostanze inquietanti in cui nella notte appaiono personaggi imparruccati e sinistri, uomini travestiti da dame, danzatori truccati come in una messinscena d’altri tempi, cerimonie piene di dettagli simbolici, candelabri, feste in maschera, fino a cruente azioni con scontri e sangue che al lettore si sveleranno solo nelle ultime pagine. —
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