L’amore leale di Pina per Biagio Marin chiuso in un baule

Renzo Sanson racconta una storia di sogni e tormenti in un saggio che viene presentato a Cortina giovedì
Non le servivano né Dio né gli uomini come testimoni del suo amore. E tantomeno un atto di matrimonio che sancisse il legame con Biagio Marin «finché morte non ci separi». No, Giuseppina Marini aveva un altro concetto della vita e dei sentimenti. Perché lei credeva nella lealtà, nella sincerità. E si illudeva con tutte le sue forze che fosse possibile costruire un società nuova. Libera da pregiudizi religiosi, da inutili formalismi.


Era una donna moderna, Pina Marini. Una bellicosa femminista di inizio ’900, molto estroversa e simpatica, che il destino aveva messo sotto la tutela di uno zio decisamente bigotto, nominato suo tutore quando i genitori della ragazza erano morti. E proprio per questo credeva fermamente che l’amore e l’armonia di cui andava in cerca (e che certo non poteva trovare in quel tipo cupo e formale di suo zio), sarebbero arrivati dal rapporto con un giovane fascinoso. Un ragazzo poeta che aveva conosciuto durante una gita nel febbraio del 1912 al Lago Scaffaiolo sull’Appennino toscano. Si chiamava Biagio Marin, viveva a Grado, era grande amico del capogita Scipio Slataper. Ma anche di Giani Stuparich e del fondatore della rivista “La Voce” Giuseppe Prezzolini.


La storia di quell’amore, nato nella Firenze di inizio ’900 e durata 67 anni, riemerge adesso grazie alla scoperta di un bauletto. Un contenitore dimenticato nella soffitta di casa Marin, in via Marchesini 43 a Grado, e ritrovato l’anno scorso dalla nipote Alia Englen. Uno scrigno di legno rettangolare, che qualcuno avrebbe potuto scambiare per un baule militare. E che invece, una volta aperto, si è rivelato zeppo di carta. Riempito fino all’inverosimile da Pina Marini, nata nel 1892 e morta nel 1979, con lettere, cartoline postali, biglietti, telegrammi, fotografie, perfino qualche nota della spesa. Una “tranche de vie” che racconta gli anni racchiusi tra il 1912 e il 1926.


A questa finestra spalancata sul mondo della moglie di Biagio Marin ha dedicato una relazione prima (per il convegno sulle “Risorse del Fondo Marin della Biblioteca Civica di Grado”, che si è tenuto un mese fa nell’Isola d’oro) e un libro adesso il giornalista e scrittore
Renzo Sanson
. Intitolato
“Il bauletto di Pina Marini”
esce adesso, con introduzione di Edda Serra, pubblicato da
Fabrizio Serra Editore
.


Il libro verrà presentato giovedì 3 agosto, alle 18, nell’ambito degli incontri organizzati a Cortina d’Ampezzo dal Centro Studi Biagio Marin di Grado, ospite del Grand Hotel Savoia grazie al mecenatismo di Santino Galbiati. Oltre all’autore parlerà anche Cristina Benussi, docente di Letteratura italiana moderna e contemporanea e attuale prorettore dell'Università di Trieste.


Pina Marini e Biagio Marin si erano piaciuti subito. Vent’anni lei, ventuno lui, in apparenza non potevano essere più diversi. Nonna Antonia chiamava il nipote Biaseto “cavo de nembo” per il suo carattere tempestoso. E Marin, per tutta la vita, è stato «un’anima in penna», come lo definisce Renzo Sanson: capace, cioè, di trasferire tutto se stesso nei versi, nei diari, nelle fluviali lettere che scriveva. Però bizzoso, capace di alternare idee geniali, buoni propositi e deprimenti, lamentosi momenti di infantilismo. Lei, Giuseppina, si era meritata in pieno la dedica che il poeta avrebbe scritto nella sua opera omnia in versi “I Canti dell’Isola”. Perché ha saputo essere davvero una «fedele compagna amorosa, la cui nobiltà ha sempre sanato l’anima mia».


Comunque Pina aveva capito, da subito, che la lunga traversata della vita con Biaseto sarebbe stata difficile. Spesso dolorosa. Tanto che in una lettera del 21 luglio del 1912 puntualizzava: «Per me, lo sai che il matrimonio non consiste nella parata civile e religiosa, ma solamente nella nostra lealtà e sincerità. Io ora sono tua moglie perché ti ho dato tutto e se hai ancora la forza di credere vuol dire che mi sono sbagliata, non ero tua moglie, ma una delle donne qualunque».


Quattro figli, e quella donna meravigliosa accanto (convinta che «dobbiamo noi abbattere la morale borghese del comodo e dobbiamo sempre avere la forza di superare noi stessi per gli ideali»), non riusciranno a placare il poeta. Perché Marin, per tutta la vita, continuerà a inseguire altri sogni, altri amori, creando momenti di imbarazzo dentro casa. Senza, però, riuscire mai a staccarsi dalla donna che invocherà fino alla fine con mille nomi: Nola, Pinola, Pinouschka, Pinolussa. Sempre lei, la Pina. Ancora tutta da scoprire in quel baule di carte segrete.


alemezlo




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