Paolo Mieli a Gorizia: “L’Europa è alla vigilia del grande salto”
Il giornalista al Kulturni center Lojze Bratuź per la rassegna “Culture in dialogo”: «Quello che stiamo vivendo è atroce, ma costituisce un’opportunità di pace»

«Siamo alla vigilia di un grande salto che, soprattutto, vivranno i nostri figli, i nostri nipoti. Che dovranno abitare questa nuova società in modo aperto, conoscendo le lingue, conoscendo gli altri. In sintesi, l’apprensione legata a questo momento deve andare di pari passo con una forte carica di ottimismo».
Parola di Paolo Mieli, al Kulturni center Lojze Bratuź di Gorizia, protagonista di un incontro del ciclo “Europa, culture in dialogo. Superare i confini per essere Capitale di una Cultura europea” organizzato in primis dalla locale Arcidiocesi con partner Il Piccolo e il Messaggero Veneto, quotidiani del gruppo Nord Est Multimedia (Nem) che li edita.

«Il mio dolore per quello che stiamo attraversando è atroce, ma vivere in quest’epoca è un’enorme fortuna – ha affermato il giornalista e saggista che, nell’occasione, è stato intervistato dal direttore del settimanale Voce Isontina, Mauro Ungaro, e da Ivan Portelli, presidente dell’Istituto di Storia sociale e religiosa di Gorizia –. C’erano problemi latenti, dimenticati. E facevamo finta di non vederli. Con la fine della Guerra fredda non c’è stato spazio per l’elaborazione di quanto accaduto, per prendere consapevolezza. Poi è arrivata la pandemia e sono giunte le guerre, facendoci ripercorrere il passato. In fondo, la peste aveva sempre portato con sé dei conflitti e ciò è avvenuto anche con il Covid. Quindi, dal 2020 è come se stessimo rivivendo la storia. Eppure, sono convinto che tutto ciò sia un bene: l’umanità ha sempre avuto bisogno di grandi condizionamenti come le epidemie o le guerre per esser riportata alla realtà».

Proprio il futuro dell’Ue è stato il tema al centro del dialogo che ha consentito a Mieli, da par suo, di gettare sguardi anche alle origini del processo di integrazione europea. «Quella espressa da Robert Schuman il 9 maggio del 1950, giornata d’Europa – ha dichiarato il due volte direttore del Corriere della Sera –, era sostanzialmente un’idea illusoria. Non dimentichiamoci che abbiamo pensato l’Europa prima quale entità contro il comunismo e, successivamente, allargandola a vanvera. Entrambe le volte, credevamo di avere il massimo supporto degli Usa che rappresentavano per noi una figura paterna. Ora, con Trump, è come se fossimo senza padre. E questa, dopo le disastrose sconfitte degli Stati Uniti (penso all’Iraq, all’Afghanistan) costituisce un’opportunità di pace».
In questo contesto, fondamentale, a sentir Mieli, sarà il ruolo della Germania, «unico Paese che, nonostante le difficoltà del periodo, può unificare il Vecchio Continente, avendo caratteristiche che altri Stati non hanno». Allo stesso modo, «la Gran Bretagna è già tornata a esercitare un ruolo importante nell’Ue, rimettendosi in sintonia con l’Europa e dimostrandosi severa nel condannare quanto sta avvenendo a Gaza. Ecco perché la leadership del processo risolutore che immagino sarà a guida tedesca e inglese; e volendo, nella triade si può inserire anche la Francia, nonostante che sia bizzarra e contraddittoria».

Anche se, da parte di Mieli, non è mancata una conferma a quanto da lui già affermato una ventina d’anni fa, riguardo «alle origini cristiane, che possono essere un punto di partenza per edificare una nuova Europa capace di reggere le sfide del tempo». In precedenza, il giornalista e saggista aveva evidenziato che «Putin con questo papa ha compreso che l’aria è cambiata e, tra l’altro, considero il primo mese di Leone XIV un autentico miracolo».
E così via, di riflessione in riflessione, in un Kulturni center Bratuž gremito. Per esempio, non è mancato un riferimento al «progetto di riarmo moderno messo in campo da Ursula von der Leyen con armi non destinate a esser utilizzate, bensì a evitare le aggressioni». Ma, in un’ora e mezza di conversazione, di spunti, ne sono emersi tanti davvero.
Ora, incamerato il successo dell’incontro con Mieli, aperto dall’arcivescovo di Gorizia Carlo Roberto Maria Redaelli, la rassegna proseguirà con altri eventi: per il 4 luglio, è atteso Roberto Antonione mentre, per il 12 settembre, è in programma Marta Kos. Nello stesso mese, il 29 sarà la volta di Paolo Gentiloni. Quindi, Enrico Letta è fissato per il 27 ottobre. Infine, a inizio novembre, si chiuderà con l’intervento del cardinale filippino Luis Antonio Tagle.—
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