Le foto di Steve McCurry a Trieste: inaugurata la mostra al Salone degli Incanti
Inaugurata la grande mostra al Salone degli incanti con 150 foto memorabili che raccontano la lunga e straordinaria carriera del grande fotografo americano

Inaugurazione col convitato di pietra. Chi confidava di poter ascoltare la voce di Steve McCurry e sperava di porgli qualche domanda o fotografarlo accanto a una delle sue straordinarie immagini, è andato deluso. Il celebre fotografo americano non si è fatto vedere giovedì mattina al Salone degli incanti (ex Pescheria centrale) di Trieste, nel cui spazio più interno sono esposte 150 immagini realizzate nella sua lunga e straordinaria carriera.
«Avrebbe voluto essere qui ma non ha potuto. È impegnato in un tour mondiale. Ci ha promesso che verrà a Trieste ed esporrà alcune sue foto mai viste dal pubblico in Italia» ha annunciato Biba Giacchetti, curatrice della mostra nel corso della conferenza stampa in cui più che di fotografia si è sentito parlare di Gorizia 2025, di turismo e di grandi eventi di cui potrà usufruire nel prossimo anno tutta la regione Friuli Venezia Giulia.

Per poter incontrare Steve McCurry una dozzina di fotografi e operatori video erano schierati nella sala conferenze. Accanto a loro una ventina di giornalisti e altrettanti dirigenti di amministrazioni pubbliche.
Tutti hanno ascoltato il celebre reporter in una registrazione video in cui McCurry porgerva il suo saluto ai convenuti. Fotografi e operatori video hanno abbassato i loro obiettivi e poco dopo la mostra dal titolo “Sguardi sul mondo” è stata inaugurata dall’assessore regionale al Turismo e attività produttive Sergio Emidio Bini.

Le 150 immagini esposte sono di un impatto visivo travolgente – colore e saturazione da Kodachrome - ma l’allestimento non ha nulla di magniloquente e barocco presente in altre rassegne. Al contrario ha un sapore elegante e minimale che non influenza i contenuti.
Ciò che colpisce il cuore è il contenuto di ogni singolo scatto. Va citata un’immagine di un sarto che cerca di mettere in salvo la sua vecchia macchina da cucire, unica sua fonte di sopravvivenza, mentre è immerso e nuota nelle acque di un torrente.
Nell’acqua, a poca distanza, c’era anche Steve McCurry con la sua Leica che ha fatto scattare l’otturatore. La foto, poi pubblicata sulla rivista di National Geographic, ha consentito di raccogliere tra i lettori un’adeguata somma di denaro per aiutare quel povero sarto.

Tocca il cuore anche un’altra immagine in cui in Etiopia, un ragazzo nero e completamento ignudo versa nella bocca di un cane assetato, le ultime gocce d’acqua conservate in una zucca. E ancora un altro cane che cerca scampo da un’alluvione che minaccia di trascinarlo chissà dove in un’abitazione la cui porta d’ingresso è ancora desolatamente sbarrata.
Come si comprende facilmente McCurry avrà salvato questo povero cane perché come emerge dalle sue fotografie il suo rispetto per la vita e gli tutti gli esseri viventi è assoluto.
Come ha spiegato la curatrice e amica dell’autore Biba Giacchetti,
«il suo è un dialogo visivo con l’anima».
Il rispetto per gli altri, anzi l’amore, è tale che McCurry non ruba le fotografie entrando violentemente in scena, e poi scappando via, come si comportavano un tempo e si comportano ancora oggi certi reporter. Lui cerca di non disturbare.

«Se aspetti, le persone dimenticheranno la tua macchina fotografica e la loro anima si manifesterà».
Ecco perché molti popoli del Terzo Mondo - Afghanistan, India, Birmania, Myanmar, Cambogia ma anche altri - si sono lasciati avvicinare consentendo all’autore di esplorare la loro vita e raccontare così frammenti di umanità nascosta e sentimenti universali.

Ma Steve McCurry ha raccontato con l’obiettivo anche la guerra. In dettaglio nella mostra sono esposte alcune immagini realizzate nel Kuwait nel 1991, quando il paese fu invaso dalle truppe del dittatore iracheno Saddam Hussein.
Centinaia di pozzi di petrolio furono incendiati durante la ritirata e a queste truppe va ascritta la responsabilità della più grande catastrofe ambientale del pianeta. Seicento giacimenti petroliferi furono dati alle fiamme e a mezzogiorno il cielo era quasi nero come fosse notte. Attorno cadaveri di soldati morti e macchinari distrutti, animali feriti e vaganti nel deserto, una visione d’inferno.
In questo ambiente da day after McCurry ha realizzato molte foto che ha poi salvato nel suo archivio ma che non ha ritenuto di rendere pubbliche per la loro crudezza. «Non le vuole esporre, sono choccanti anche se le ha scattate» ha spiegato la curatrice.—
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